A che serve iscriversi al PD e votare le primarie?

di Gerardo Lisco. In Emilia Romagna le recenti primarie per l’individuazione del candidato alle elezioni regionali sono state un fallimento. Rispetto ai dati precedenti c’è stato un calo di partecipanti dell’85%. Le spiegazioni date dai candidati sono state di maniera. Chi ha vinto ha cercato di giustificare il calo attribuendolo all’eccesso di primarie, chi ha perso al fatto che il partito si sia speso poco nel comunicare l’evento.
A renderle inutili e prive di senso, penso, sono state proprio le ultime primarie per l’elezione del segretario nazionale, che hanno posto il problema dell’utilità delle primarie di partito se il voto è allargato anche ai non scritti né, tanto meno, simpatizzanti.
La domanda che ognuno si pone è: a che serva iscriversi al PD se il militante non conta più nulla, non ha titolo neanche ad eleggere gli organi del suo partito? Alle primarie che hanno visto l’elezione di Renzi a Segretario del PD abbiamo registrato accadere di tutto. Abbiamo visto votare persone dichiaratamente di destra. Abbiamo visto exlpoit assurdi: in alcuni circoli del PD il numero dei tesserati è cresciuto da poche decine a centinaia se non addirittura a migliaia. Quanto è successo a Salerno, durante le elezioni per il segretario nazionale, non credo proprio che sia un caso isolato. Nel modo in cui sono state condotte e nel modo con cui Renzi è stato eletto ci sono le ragioni della crisi.
Al fallimento delle primarie si accompagna il crollo del numero degli iscritti. E’ del tutto evidente che nell’incredibile aumento di iscritti e di partecipanti alle primarie dello scorso anno c’era l’azione strumentale di lobby e gruppi di pressione finalizzata a snaturare il progetto del Partito Democratico. Con questi dati siamo passati dal Partito Democratico al Partito di Renzi. Il crollo di partecipanti alle primarie in Emilia e del numero degli iscritti a livello nazionale fa il paio con il dato elettorale delle Europee. Come ha spiegato più di un analista, rispetto al risultato delle politiche, il PdR (Partito di Renzi) ha perso un quarto degli elettori che avevano votato il PD guidato da Bersani. Non bisogna mai dimenticare che il 40,8% del PdR è calcolato sul 56% degli elettori. Se il PdR ha annesso Scelta Civica e parte del NCD, ha perso i militanti e gli iscritti del PD; per Renzi questo è un fatto positivo.
Saranno le prossime elezioni politiche a farci capire se questo è vero, e solo allora si valuterà anche la percentuale di astenuti. E’ chiaro che se il sistema politico diventa sempre meno inclusivo, Renzi potrà raggiungere il 100% dei votanti: andranno a votare solo lui, la moglie, Guerini, la Boschi e la stretta cerchia di amici! Al crollo degli iscritti e dei partecipanti alle primarie contribuisce proprio l’atteggiamento di Renzi. La stigmatizzazione, spesso infantile, di tutti coloro che esprimono un pensiero diverso relativamente alla conduzione del partito e all’azione di governo spinge il corpo del partito ad uscire fuori e quindi a non iscriversi e a non partecipare. Renzi e i suoi dicono che è meglio così. La domanda da porsi è qual è il modello di “partito” che immagina Renzi e quale la sua cultura politica.

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