Le tasse sulla casa hanno ucciso l’Italia!

di Vittorio Feltri. Le seconde case sono diventate un debito: non rendono e costano un occhio della testa. Per cui chi le possiede cerca di venderle a condizioni di realizzo. Ma nessuno le compra per il medesimo motivo per cui gli intestatari tentano di disfarsene: sono appunto debiti.
Oddio, qualcuno che alla fine se la prende c’è sempre, ma pretende di sborsare un terzo di quanto dovrebbe, altrimenti rifiuta di concludere l’affare. Ovvio.
Questo discorso di immediata comprensione non riguarda solamente gli chalet di Cortina e, in genere, le dimore di lusso, bensì anche quelle dei poveri cristi che si sono svenati per assicurarsi un tetto sopra la capoccia, un bilocale o un trilocale, accendendo mutui opprimenti e dando fondo a sudati risparmi. Essi hanno investito fino all’ultimo centesimo, impegnandosi con la banca per anni e anni allo scopo di avere un proprio appartamento, sicuri che il suo valore sarebbe aumentato e mai diminuito; poi però si sono trovati in brache di tela per effetto della politica idiota degli intelligentoni specialisti (sedicenti) di macroeconomia e completamente ignoranti in economia domestica, presuntuosi, spocchiosi e cattedratici della mutua.
Costoro infatti che hanno combinato? Udite. Tassa, più tassa, più altre tasse, sono stati capaci di provocare l’abbattimento dei prezzi degli immobili – tutti gli immobili – di quasi il 50 per cento di quanto furono pagati in origine.
Ergo, se il ragioniere Rossi o l’operaio Bianchi avevano sborsato 200mila euro per un alloggio a Peschiera Borromeo (hinterland di Milano), sottoponendosi a sacrifici bestiali, oggi il loro quartierino quota al massimo 120mila euro. Bell’affare.
Poiché i Rossi e i Bianchi sono milioni, ciò significa – tirando le somme – che la ricchezza complessiva degli italiani, quindi della nazione, è calata in poco tempo di circa la metà o giù di lì. Però, che razza di geni sono i cervelloni impegnati a raggranellare soldi sfruttando l’edilizia! Sono riusciti nel giro di una manciatella di anni a immiserire il Paese e i cittadini nell’errata convinzione di salvare i conti pubblici.
Uccidere il mercato della casa e uccidere la Patria è stata una cosa sola. 
I fautori di questa politica stolida andrebbero non dico passati per le armi, visto che siamo discepoli di Cesare Beccaria, ma almeno presi a calci nel didietro. Invece no. Siamo ancora qui a dire che hanno agito per il nostro bene. Quale bene? Se siamo con l’acqua alla gola, e casomai obbligati a cedere quattro stanze con un servizio non per sfizio, bensì per sopravvivere, a malapena recuperiamo due terzi di quanto ci spetterebbe.
Silvio Berlusconi fu sfottuto a morte perché propose l’abolizione dell’Ici sulla prima casa. Semmai andava sfruculiato perché non cancellò l’imposta anche sulla seconda. I soloni che gli sono succeduti hanno fatto disastri e non c’è anima che li decapiti almeno virtualmente. Macché, eccoli lì gli economisti dei miei stivali a concionare sulla necessità di inasprire le rendite catastali, quasi che fossero indicative di qualcosa.
Imbecilli, ma non capite che tali rendite non si possono stabilire a tavolino poiché correlate alle stime di mercato? Stime che mutano in base al vento che tira nel Paese e non nei vostri palazzi mefitici frequentati da fessi boriosi e inetti.

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