Un sistema elettorale per favorire coesione e democrazia.

di Gerardo Lisco. Il sistema elettorale proposto è una bestialità non perché reintroduce il sistema proporzionale, la clausola di sbarramento al 5% o perché consentirebbe l’accordo tra PD e F.I., è un’aberrazione perché ripropone i capilista bloccati svilendo il diritto di scegliere dei cittadini. Renzi, Grillo e Berlusconi propongono un sistema elettorale che è il trionfo della partitocrazia senza partiti. Con la politica sempre più
vincolata al finanziamento privato, il capo partito ha necessità di blindare se stesso e gli interessi di coloro che lo finanziano, da qui la proposta di legge elettorale che apprendiamo dai media: in essa c’è il disprezzo verso l’idea stessa di Democrazia. Ciò che il referendum costituzionale ha respinto viene riproposto. Il sistema proporzionale non ha nulla di negativo, come non ha nulla di negativo il fatto che i governi si formino all’indomani delle elezioni con un accordo in Parlamento secondo il dettato della Costituzione. I sistemi elettorali proporzionali rappresentano meglio la molteplicità degli interessi presenti nella Società. Come la governabilità non dipende dal numero ridotto di partiti ma dalla capacità che essi hanno di fare sintesi. Nella stessa Germania, dal quale il sistema elettorale è stato copiato e tradotto in italiota, il numero dei partiti politici presenti in Parlamento, negli ultimi anni, è cresciuto. Ai partiti tradizionali, quali CDU, CSU, Liberali e SPD, si sono aggiunti i Grunen poi la Linke e non è da escludere che nel prossimo Parlamento possa entrare un’ulteriore formazione politica. Prova che non è la clausola di sbarramento a ridurre il numero dei partiti. Il fatto che molti commentatori pensano che la contrapposizione possa essere ridotta a forze politiche europeiste verso forze politiche sovraniste/populiste dimostra una scarsa visione della complessità sociale. La frammentazione sociale ha fatto si che anche la rappresentanza politica si frammenti. Anche in Paesi con sistemi elettorali come quello britannico, alla fine, con la frammentazione degli interessi sociali il numero dei partiti presenti in Parlamento è passato dai tre tradizionali agli attuali undici. Il tema della riduzione delle formazioni politiche non si riduce per legge. Nella cosiddetta Italia della Prima Repubblica, nonostante il proporzionale, i partiti presenti in Parlamento erano: PCI, PSI, PSDI, PRI, DC, PLI e MSI. Il numero è aumentato quando i partiti tradizionali non sono stati più in grado di fare sintesi tra le istanze che venivano dalla società italiana in profonda trasformazione. La moltiplicazione delle formazioni politiche in Parlamento, nella seconda Repubblica, ha avuto un’ulteriore accelerata. I gruppi parlamentari sono di gran lunga superiori alle liste presentate e che hanno avuti voti per entrare in Parlamento. Secondo alcuni analisti lo sbarramento al 5% dovrebbe spingere verso il voto utile consentendo a sole quattro formazioni politiche di entrare in Parlamento secondo la linea divisoria pro è contro l’UE. Non mi sembra che le cose stiano così. Le posizioni verso l’UE sono molto più articolate e differenziate. Le piccole formazioni di sinistra, ad esempio, esprimono una posizione critica verso questa UE non riconducibile alla divisione che si tenterà di far passare nell’opinione pubblica. Lo stesso M5S non è critico contro l’UE nella stessa misura della Lega. Il blocco PD + FI potrebbe essere quello più omogeneo rispetto all’UE e alle sue politiche ordo-liberiste. Tale blocco quanto più sarà omogeneo tanto più perderà voti alla sua destra e alla sua sinistra. Agli italiani le diverse posizioni politiche sono fin troppo chiare. Non è un caso che al Referendum è andato a votare un numero consistente di elettori che ha fatto vincere il NO. Ai due terzi degli italiani è stato fin troppo chiaro che la controriforma costituzionale avrebbe introdotto un sistema istituzionale funzionale a questa UE. A questo aspetto si aggiunge il senso di appartenenza a una cultura politica. Continua ancora ad esserci una parte di elettorato che si mobilità in nome dell’appartenenza politica. E sarà questa parte di elettorato che determinerà quali partiti entreranno in Parlamento. Il richiamo al voto utile che vide la contrapposizione Veltroni – Berlusconi appartiene a un’altra epoca. C’è una parte consistente di elettorato che è stato penalizzato da quel dato. Si è rifugiato nell’astensione, è ritornato a votare quando ha capito che il suo voto poteva incidere, lo ha fatto al referendum Costituzionale. Ciò di cui l’Italia ha bisogno è un sistema elettorale proporzionale. Serve coesione sociale ed essa passa, attraverso strumenti in grado di coinvolgere i cittadini nelle scelta politiche e di Governo. Ciò che non va del sistema elettorale proposto è che dietro di esso si nasconde la peggiore espressione della partitocrazia e cioè quella delle liste personali sostenute dagli interessi dei grossi gruppi finanziari ed economici che si danno battaglia per il controllo del nostro sistema e ai quali non interessa nulla della Democrazia.

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