Un polo liberaldemocratico per battere il partito delle tasse!

di Vittorio Feltri. Avviso ai progressisti, in particolare, e in ge­nerale a chi si occupa di politica in questo dannato Paese: dare per spacciato Silvio Berlusconi porta ‘sfiga’. Pier Lui non è un gatto, ma ha sette vite. Non so se avete notato: se c’è un funerale, il Cavaliere non è mai il «festeggiato»; al massi­mo, assiste. Giova ricordare ciò che accadde nel 1994. Tutti, an­che molti amici, scommettevano sulla sua sconfitta, poi dovettero ricredersi davanti ai risultati elettorali… Berlusconi è anco­ra qua e, piaccia o no, domina la scena anche quando è dietro le quinte… Il centrodestra ha dei problemi? Il centrosinistra ne ha di più. La situazione è talmente confusa da non consentire a nessuno di pensare che il destino politi­co sia segnato… tornare in campo o rimanere in panchina? La nuova legge elettorale non c’è e si ignora quale sarà: i partiti trattano infruttuosamente da mesi. Si ignora il tipo di alleanze praticabi­li. Nonostante il prodigarsi di Ma­rio Draghi, la finanza europea è piena di incognite, lo spread non si è affatto stabilizzato. L’unica certezza italiana è un fisco da re­cord mondiale, causa principale della recessione. Con queste premesse, sarebbe imprudente anticipare ogni scel­ta. Bisogna intuire ciò che gli frulla in testa. Siamo convinti – ma è solo un’opinione – che egli abbia in ser­bo due progetti.
Primo. Valutare l’opportunità di costituire un Polo di liberalde­mocratici comprendente forze omogenee e interessate a non con­se­gnare il Paese alle sinistre tassa­iole e a confidare nella forza inespressa, e compressa, dell’econo­mia italiana. Un gruppone in gra­do di strappare oltre il 50 per cen­to dei consensi, quindi attrezzato per imporre le riforme all’altra me­tà della luna. Nel caso, Berlusconi non esiterebbe a farsi da parte, appoggiando un candidato premier autorevole e capace più di lui, in questa congiuntura, di aggregare consensi.
Secondo. Qualora l’opzione sommariamente descritta non si concretizzasse, il piano alternati­vo prevederebbe lo stesso Berlu­sconi al timone del Pdl (ammes­so che non muti la denominazio­ne) con l’incarico di condurre la campagna elettorale. Obiettivo: strappare il massimo dei voti possibili per negoziare con altri parti­ti come formare una maggioran­za che non faccia pendere troppo a sinistra la politica negli anni venturi.
Previsioni? Sarebbe azzardato farne. E qui ci riallacciamo alla confusione cui abbiamo accenna­to all’inizio di questo articolo. Non sono i buoni propositi a deter­minare la realtà, ma è la realtà che suggerisce strategie e tattiche. Aspettiamo fiduciosi. E ribadia­mo: chi immagina di poter fare i conti senza il Cavaliere, si illude anche stavolta. La partita è tutta da giocare.

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