“Uccidere il cancro”. Un esame del sangue dice se ti verrà il tumore e permette di ucciderlo in tempo!

Da oggi sarà possibile sapere in anticipo se ci verrà un tumore, grazie a un nuovo test di facile funzionamento che consente tramite un semplice prelievo del sangue di osservare se nelle vene scorrono le primissime cellule tumorali, che prima o poi si trasformeranno in una massa tumorale. Negli Stati Uniti è stato recentemente sviluppato un ulteriore test del sangue in grado di rilevare anche in quale parte del corpo si sviluppa il cancro, un’esame messo a punto dai ricercatori della University of California-San Diego. Se finora le ‘biopsie liquide’ potevano rilevare nel sangue dei pazienti tracce di DNA rilasciato dalle cellule tumorali, non erano però ancora in grado di dirci dove risiede il tumore. I ricercatori californiani sono andati oltre.
Quando un tumore inizia a svilupparsi, le cellule malate cominciano a competere con quelle sane per accaparrarsi nutrienti e spazio vitale, e per questo motivo le eliminano, diffondendo il cancro nell’organismo e rilasciando tracce di Dna. Gli scienziati le hanno utilizzate per individuare il tessuto interessato dal cancro. Volete sapere quando e dove avrete un tumore? Se nel vostro sangue si stanno già sviluppando delle cellule cancerogene al momento innocue, ma che prima o poi diventeranno una massa tumorale? Da oggi è possibile, grazie alla straordinaria ricerca dell’oncologa italiana trapiantata in Francia, Patrizia Paterlini-Bréchot, il cui libro “Uccidere il cancro” è già in edicola per Mondadori. Docente di biologia cellulare e molecolare all’Università Paris-Descartes, l’oncologa è riuscita a mettere a punto Iset (Isolation by Size of Tumor Cells), ovvero il test per la diagnosi prece del cancro. Il suo funzionamento è abbastanza semplice: il paziente si sottopone ad un normale prelievo del sangue e i medici sono in grado di osservare se nelle vene scorrono le primissime cellule tumorali, quelle che al momento non sono ancora un tumore, ma che prima o poi si trasformeranno. Prima di oggi le uniche tecniche per osservare un cancro erano le normali radiografie o risonanze magnetiche, che però permettono di fare una diagnosi precisa solo quando il tumore si è già formato. Il test della Bréchot, invece, consente di avere una certezza scientifica ed istologica del futuro tumore ben prima che questo si formi (circa 4-5 anni dopo la diagnosi). Dando così la certezza matematica di intervenire in tempo per sconfiggere il tumore. Come si dice: prevenire è meglio che curare. Soprattutto se si parla di tumori al pancreas, alle ovaie, ai polmoni o al cervello. Tipologie di cancro che spesso vengono scoperte troppo tardi per poter intervenire. Il test riconosce le cellule tumorali “figlie” del cancro, ovvero quelle di piccole dimensioni che si staccano dalla cellula “madre”, la prima “malata” che si forma nel corpo. Sono minuscole e molto difficili da trovare, visto che se ne riscontrano circa una ogni millilitro di sangue e mischiate a 5 miliardi di globuli rossi e 10 milioni di globuli bianchi. Queste per anni corrono nel sangue, rafforzandosi e crescendo di dimensione fino a diventare aggressive. Scorrono nelle vene finché non raggiungono i capillari di un altro organo, attecchiscono e crescono rapidamente fino a diventare massa tumorale. Per permettere di estirparle prima che si rafforzino troppo, l’Iset consente di sapere se sono presenti. In futuro l’obiettivo è quello di trovare un modo per capire anche da quale organo sono partite, in modo da sottoporlo ad una accurata osservazione e cura. In questo modo, i medici potrebbero tenere sotto controllo la cellula finché il tumore maligno non inizierà a rivelarsi, permettendo di estirparlo con una chirurgia poco invasiva. Una svolta senza precedenti.  Ma quando sarà accessibile a tutti? “Da circa un anno e mezzo è a disposizione il test Iset per l’individuazione delle cellule tumorali nel sangue. Per noi è più facile perché ce lo abbiamo in casa, è difficile dire al pubblico ‘bisogna ripeterlo ogni sei mesi’ quando non è rimborsato”, spiega la oncologa.

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