La crisi coreana e la narrazione italica.

di Gerardo Lisco. Per capire la politica nazionale e internazionale sono sempre di più dell’avviso che più che guardare programmi televisivi di informazione bisogna diventare appassionati cultori di serie TV come il  ‘Trono di spade’ e ‘Homeland’. Da giorni i media italiani narrano del bombardamento USA in Siria e della ‘Invicible Armada’ yankee in navigazione verso il Mare della Corea.

Nel primo caso l’intervento USA viene motivato come sanzione per la violazione da parte della Siria delle regole internazionali che vietano l’uso di armi chimiche, salvo la smentita da parte della stessa intelligence americana che avallerebbe la tesi siriana e russa, nel secondo caso dal pericolo nucleare rappresentato dalla Corea del Nord. La narrazione degli eventi presenta diverse falle che lasciano perplessi. Rispetto alla questione siriana, gli USA hanno avvisato la Russia e del secondo la Cina risulterebbe ampiamente informata visto che il governo cinese ha sospeso i voli da e per la Corea del Nord e che nessun rappresentante era presente all’anniversario della nascita del fondatore della Nord Corea. La mia impressione è che il pericolo di una guerra sbandierata dai nostri media sia solo funzionale al controllo dell’opinione pubblica nazionale condizionandola ad accettare le scelte che il Governo Gentiloni si appresterà a fare da qui ai prossimi mesi in merito agli accordi che riguardano il posizionamento dell’Italia rispetto alla costruzione di una U.E. a due velocità. Penso che siamo solo in presenza dell’avvio di un nuovo sistema di relazioni internazionali in cui gli USA pensano che sia molto più conveniente trattare con soggetti politici credibili capaci di svolgere un reale funzione di dissuasione. Nell’incontro Sino – Americano, di qualche giorno fa, non credo che Trump e Xi abbiano discusso del “sesso degli angeli”. Penso invece che abbiano affrontate le questioni che riguardano il Pacifico ricomprendendo in esse sia gli aspetti economici e commerciali che quelli che attengono la sicurezza. Per Trump risolvere la criticità Nord Coreana vale un accordo commerciale favorevole alla Cina. Il costo che gli USA dovrebbero sostenere non è detto che verrà pagato dal sistema economico americano. In un sistema di relazioni internazionali multipolare, fatto di scambi asimmetrici, gli USA potrebbero trattare con altri Paesi accordi che compenserebbero il costo dell’accordo con la Cina. Lo stesso invio delle flotte cinesi e russe verso la US Navy, a mio parere, serve più per interdire la Corea del Nord che per intimidire gli USA. I muscoli che Trump mostra nelle questioni internazionali è diretta più alle opposizioni interne che internazionali. Per Trump la soluzione delle crisi nord coreana e mediorientale è propedeutica alle altre questioni in primis quelle economiche e commerciali che interessano gli USA. Ciò che si prospetta è una sorta di accordo a tre tra USA, Cina e Russia nella quale ciascuno dei negoziatori massimizzerà la propria posizione che può essere letta da più punti di vista. Ad esempio guadagni sul piano commerciale per la Cina verso sicurezza da parte degli USA. Sicurezza dei confini europei della Russia verso contenimento del terrorismo islamico e quindi sicurezza degli USA. Il ragionamento può essere allargato considerando le possibili variabili commerciali, economiche e di salvaguardia egemonica delle elites dominanti in ciascuno dei Paesi interessati. Ciò premesso la narrazione della vicenda coreana e mediorientale che ne danno i media abbiano solo una funzione interna. Negli ultimi tempi Prodi è ritornando ad essere particolarmente attivo. Rilascia interviste e dichiarazioni a raffica. Ha iniziato all’indomani delle dichiarazioni della Merkel circa la costruzione di una UE a due velocità avallando l’ipotesi e sta continuando mettendo in guardia l’opinione pubblica circa il pericolo che verrebbe dalla fine del progetto di Unione Europea. Di fronte a un mondo tripolare in cui ciascuno dei poli tratta con piccole realtà statuali l’Italia, nello specifico, ne uscirebbe annullata. Secondo Prodi la soluzione è U.E. forte capace di negoziare con gli altri tre blocchi geopolitici. Per favorire il processo di unificazione dell’U.E. bisogna mettere in guardia l’opinione pubblica scoraggiandola dal sostenere movimenti politici dichiaratamente anti U.E. Bisogna che l’opinione pubblica si convinca della bontà dell’idea e che sia disponibile ad accettare ulteriori sacrifici. Sfugge a Prodi che il problema non è la costruzione dell’U.E., la questione è come la si vuole costruire. Una U.E. finalizzata agli interessi dei ceti egemoni, priva di Democrazia avulsa da politiche di giustizia sociale, non convince. Il tema è quali classi dirigenti e quali politiche economiche e sociali per la costruzione di una U.E. coesa, Democratica e Sociale. Non si costruisce nessuna U.E. lasciando intravedere lo spauracchio di una guerra nucleare quando è del tutto evidente che nessuno degli interessati vuole farla e che dietro l’apparenza dei veti incrociati si nasconde il disegno di un nuovo Ordine Mondiale dal quale si evince che un’ U.E. oligarchica, tecnocratica e germano centrica ha perso la propria sfida. La costruzione dello Stato – Nazione europeo è giusta come prospettiva mancano classi dirigenti all’altezza della sfida.

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