Se il burqa, una volta tanto, lo indossasse lui…

di Grazia Nonis. Da piccola ero terrorizzata da Belfagor (serie televisiva francese: un fantasma mascherato, e coperto dalla testa ai piedi, che si aggira per le sale del Louvre seminando morte e terrore), ed il suo ricordo riaffiora, improvvisamente, mentre vedo scendere dall’autobus  una donna che indossa un niqab, o un burqa che dir si voglia. E non mi riferisco al velo che copre solo il capo.
Insomma, è coperta dalla testa ai piedi, fatta eccezione per gli occhi. E’ accompagnata da un uomo che credo sia il marito o fratello. Escludo categoricamente possa essere un amico….I due entrano in ospedale passando sotto il naso di un paio di vigili che la mattina stazionano nell’ufficetto accanto all’entrata. Li guardano entrare e non fanno un plissé! Devo dedurre, quindi, che la legge che vieta di andare in giro col viso coperto da un casco, o da qualsiasi altro indumento che renda impossibile l’identificazione, sia stata abolita o venga applicata a piacere. Poi, lo sguardo si sposta verso l’accompagnatore, e la rabbia sale:  lui veste all’occidentale e nonnasconde il viso. E’ libero! Libero di andare in giro per strada portandosi dietro una “coperta”. Facciamo battaglie femministe contro l’infibulazione, la segregazione, e la violenza perpetrata nei confronti di alcune sventurate, per poi catalogare, tra gli usi, i costumi e le religioni, questo comportamento  maschilista e aguzzino che in Italia dovrebbe essere fuori legge. Siamo finiti in un cul-de-sac: le “coperte” non possono essere visitate da medici di sesso maschile, creando non pochi problemi alle nostre già malandate strutture sanitarie. Quando vanno in banca pretendono d’ entrare a volto coperto infrangendo regole e leggi. Per poter essere identificate esigono  una donna e una stanza appartata dove poter alzare il velo. In alcuni comuni hanno chiesto, ed ottenuto, di poter utilizzare la piscina immergendosi vestite come dei palombari, e al riparo da occhi indiscreti: i nostri. Le assistenti sociali  le portano in giro come se fossero delle disabili, le fanno accomodare in stanze separate per far sì che possano rispettare quelle regole che esistono solo nel loro paese e che puzzano di emarginazione. Noi, le “scoperte”, siamo peccatrici, e non possiamo mescolarci con loro. Passeranno i secoli, ma l’integrazione di culture, così distanti da noi, non avverrà mai. Soprattutto se, per mano dei soliti buonisti, questa inciviltà viene assecondata, o addirittura  incoraggiata. La coppia “scoperto-coperta” mi affianca e si mette in attesa davanti all’ascensore. Vorrei fermarmi e togliere il cappuccio dal viso di questa donna; farle respirare l’aria senza il filtro di quella stoffa che le ostruisce bocca e  naso, per permetterle di assaporare qualcosa di diverso del suo stesso alito. Vorrei coprire il viso del suo uomo con lo stesso pastrano con cui  lei imprigiona il suo viso, affinché lui possa provare  la stessa sensazione di isolamento claustrofobico e la conseguente mancanza di respiro. Vorrei portarli al mare e farli immergere uno nei panni dell’altro. Cosi che lui possa avvertire il fastidio ed il prurito dei panni bagnati, aderenti  al suo corpo come una ventosa. Che provi la fatica di muoversi per via della stoffa inzuppata d’acqua e che gli fa da zavorra. Vorrei che lui la guardasse correre scalza sulla riva, e tuffarsi in acqua senza il disagio e l’affanno provocato da uno strato di tessuti inutili e assurdi. Vorrei che quest’uomo, debitamente “coperto”, provasse a mangiare un gelato per strada. Vorrei osservarlo mentre lo intrufola tra il cappuccio e la bocca, cercando, senza riuscirci, di non sporcarsi. Vorrei che avvertisse, poi,  la sensazione del velo indurito e umido, impregnato di cibo e saliva, che preme contro le sua labbra e la sua bocca, mentre un conato di vomito gli sale alla gola. Con la consapevolezza che, quel burqa, non può strapparselo di dosso. Vorrei saperlo imprigionato in un corpo di donna costretto al velo integrale, e obbligarlo alla stessa rassegnata  impotenza, moltiplicata per tutti i giorni della sua vita.

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