Referendum. Il Tar del Lazio boccia il ricorso del M5S: “Inammissibile”.

Il Tar del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso sul quesito referendario della riforma costituzionale, che si svolgerà il prossimo 4 dicembre e che potrebbe mandare a casa il premier, presentato dal Comitato liberali per il No, perchè il quesito era “ingannevole” nel contenuto e “non omogeneo” alla riforma complessiva. Il Tar con un’ordinanza ha dichiarato che il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
A questo punto i ricorrenti dovranno valutare se rivolgersi al Consiglio di Stato per un nuovo ricorso o gettare la spugna. Al ricorso avevano aderito anche M5S e Sinistra Italiana. La decisione é stata assunta dalla sezione 2bis del Tar e, sempre a quanto si apprende, a breve dovrebbero essere rese note le motivazioni. “Sia le ordinanze dell’Ufficio Centrale per il Referendum – sottolinea il Tar – che hanno predisposto il quesito referendario sia il decreto presidenziale – nella parte in cui recepisce il quesito – sono espressione di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell’ordinamento, e si caratterizzano per la loro assoluta neutralità, che li sottrae al sindacato giurisdizionale”. “Il Tar del Lazio – si legge in una nota – con sentenza n. 10445 del 20 ottobre, ha deciso il ricorso presentato dai promotori del referendum costituzionale Loredana De Petris e Rocco Crimi e dagli avvocati Giuseppe Bozzi e Vincenzo Palumbo, con il quale è stata contestata la formulazione del quesito referendario da sottoporre al voto degli elettori il 4 dicembre 2016”. Nel comunicato si evidenzia che, “considerata l’urgenza di dare una risposta definitiva alla questione, il Tar non si è limitato alla richiesta cautelare e ha definito il merito della controversia, dichiarando l’inammissibilità del ricorso per difetto assoluto di giurisdizione”. Secondo i giudici amministrativi, “l’individuazione del quesito contestato è riconducibile alle ordinanze adottate dall’Ufficio Centrale per il Referendum istituito presso la Corte di Cassazione ed è stato successivamente recepito dal Presidente della Repubblica nel decreto impugnato. La sentenza ritiene che sia le ordinanze dell’Ufficio Centrale per il Referendum sia il decreto presidenziale – nella parte in cui recepisce il quesito – sono espressione di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell’ordinamento, e si caratterizzano per la loro assoluta neutralità, che li sottrae al sindacato giurisdizionale”. “Eventuali questioni di costituzionalità – conclude la nota – della legge sul referendum (la n. 352 del 1970), relative alla predeterminazione per legge del quesito e alla sua formulazione, sono di competenza dell’Ufficio centrale per il referendum, che può rivolgersi alla Corte costituzionale”. Ma la battaglia delle opposizioni non è chiusa. Sulla questione dovrà infatti pronunciarsi il Tribunale civile di Milano che dovrà esaminare il ricorso presentato dal presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida e che potrà rimandare il tutto alla Corte costituzionale.

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