Se lo Stato stipendia chi non lavora e da la pensione a chi non versa i contributi, allora a cosa serve lavorare una vita?

Destra, sinistra, governo, opposizione, sindacato, pari sono. Stanno stravolgendo l’ordine sociale, per cui oggi lavorare e possedere una casa di proprietà è una colpa grave, anzi gravissima! Stanno cambiando le regole del gioco senza consultare i diretti interessati: i lavoratori. A parte la riforma del mercato del lavoro culminata col funerale all’articolo 18, e le tasse sulla casa che ne hanno dimezzato il
valore, altri due provvedimenti sono pronti a deflagrare: reddito di cittadinanza, 800, 1.000 euro al mese a chi non lavora e pensione socialeassegno minimo garantito a tutti di 1.000 euro per 14 mensilità. A questo punto la domanda per chi lavora in “chiaro” sorge spontanea: “Mi alzo la mattina alle cinque e rientro a casa la sera alle otto per poco più di mille euro al mese, verso allo Stato fior di contributi per oltre quarant’ani, speranza di vita permettendo, e andrò in pensione a sett’antanni con circa 800 euro al mese, grazie alla riforma Fornero. Ma allora, che senso ha continuare a lavorare!?”. Al giorno d’oggi meglio essere nullatenenti e disoccupati con tutte le esenzioni e le tutele che ne derivano. In una una ‘società ideale’ in cui non occorre più lavorare per sopravvivere, in cui il lavoro diventa una libera scelta dei cittadini e la casa un optional – insomma in una ‘società utopica’, dominata dal benessere, popolata da individui che dispongono della possibilità di scegliere le attività a loro più congeniali, traboccante di tempo libero da spendere per iniziative socialmente utili e che si prende maggiormente cura tanto dei propri figli quanto dei propri anziani – la sostenibilità finanziaria per realizzare un siffatto progetto non costituisce alcun ostacolo, almeno fino a quando ci saranno i “soliti fessi” da continuare a spremere!

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