Posto fisso o mestiere fisso?

di Francesco Scolamiero. La questione del lavoro, forse anche più dello spread, dovrà essere la preoccupazione più importante per il governo tecnico. Dopo quella sulle pensioni, il ministro Fornero ha sfornato un’altra riforma, quella sul lavoro, tale riforma dovrebbe permettere alle aziende di poter assumere di più perché avrebbero meno vincoli nel licenziare per motivi economici. Il motto è ‘va cambiata la flessibilità in uscita proprio per incentivare l’entrata di nuovi lavoratori’. Ora io non so se chi dice queste cose poi ha il tempo per rileggersele. Se io licenzio per fare entrare altri, il risultato è a somma zero e quindi non ho diminuito il numero di persone disoccupate. Quindi la questione non è tanto dare mano libera alle imprese di licenziare, perché se ne approfittano e usano il discorso dei motivi economici per altri scopi, vedi il caso Huawei. Quello che occorre sono strumenti moderni affinché aziende che hanno concluso il loro ciclo vitale possano ristrutturarsi o chiudere, dando al tempo stesso gli strumenti ai lavoratori di riqualificarsi e ricollocarsi in altre realtà. Quindi non bisogna confondere due diversi fenomeni, la gestione di imprese in crisi strutturale e il far west richiesto da certi imprenditori. E qui mi ricollego anche ad un altro discorso, quello del posto fisso, sul quale i nostri ministri tecnici, a partire da Monti, si sono divertiti a fare battute. Ma gli italiani non vogliono tanto il ‘posto fisso’, auspicano il ‘mestiere fisso’. Ad esempio voglio fare il ragionere, non è detto che devo rimanere per 40 anni nella stessa azienda anzi, se posso cambiare e sfruttare le mie competenze acquisite per migliorare lo stipendio ben venga. Però sempre il ragioniere vorrò fare o comunque qualcosa di simile sempre nell’ambito amministrativo, non è che si può pretendere che un periodo faccio il ragioniere, poi l’idraulico, poi il geometra, e poi ritorno a fare il ragioniere. Poi se i ‘tecnici’ riescono a creare delle strutture di formazione che permettano tutto ciò ben venga, ma la vedo molto difficile. Ho fatto l’esempio del ragioniere ma vale, forse ancor di più, per l’operaio, per il minatore, per l’ingegnere, il medico, ecc. tutti possono cambiare lavoro (inteso in senso di azienda, ente, ecc) e quindi assicurare una certa ‘flessibilità’ ma il mestiere bene o male dovrà sempre essere quello o qualcosa di simile. Questo è il punto cruciale, quello che manca, soprattutto per i giovani, è una visione futura dei mestieri che serviranno. Poi è normale che gli step formativi saranno prima più ‘precari’ ma crescendo sempre più ‘stabili’, ma non c’è nessuna giustificazione economica (tranne quella dello schiavismo) di tenere precarizzati a vita certi lavoratori. E’ qui che si fa confusione e si butta dentro il concetto di posto fisso, che non c’entra nulla. Ripeto a meno che la flessibilità la vogliono intendere anche nei mestieri, ma a quel punto non sarà solo il lavoro precario, sarà la stessa condizione di cittadino a essere precaria, tutto sarà precario, forse anche la possibilità di eleggere i nostri rappresentanti, e qui una piccola base di partenza l’hanno già buttata giù.

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *