L’amore non ha età. La pensione di reversibiltà, sì!

Sposarsi dopo i 70 anni e con un partner non sufficientemente ‘anziano’ converrà sempre meno. Non in termini “affettivi”, salvo iddio, ma da un punto di vista “pensionistico” il fatidico sì pronunciato in tarda età sarà per così dire… ‘penalizzato’! Infatti dal primo gennaio di quest’anno sono entrate in vigore le nuove norme relative alla pensione di reversibilità (Legge 111/2011) con l’obiettivo di evitare abusi e matrimoni di comodo. In questo contesto si trovano i matrimoni contratti a tarda età solo ed unicamente, secondo il legislatore, per beneficiare dell’assegno di reversibilità. Pertanto per usufruire della pensione di reversibilità è necessario rispettare altri requisiti, ovvero è importante tener conto della differenza dell’età anagrafica tra i coniugi al momento del matrimonio. L’assegno di reversibilità viene ridotto se il matrimonio viene contratto dopo il compimento del 70° anno di età, se tra i coniugi esiste una differenza anagrafica superiore a venti anni o, infine, se la durata del matrimonio risulti essere inferiore a dieci anni. La decurtazione della pensione, lo ricordiamo, avviene sulla percentuale a favore del coniuge superstite, ossia del 60%, e tenendo conti dei limiti sopra esposti. Ad esempio, nel caso del limite dei dieci anni, occorre considerare ogni anno mancante al limite viene ridotta del 10%. Così, per un matrimonio celebrato cinque anni prima del decesso, la riduzione spettante è del 50%, ossia la pensione di reversibilità che spetterà al coniuge superstite sarà pari al 30%. In caso di una pensione mensile di 800 euro, l’importo che spetterà al coniuge superstite sarà pari a 240 euro anziché 480. Ricordiamo, però, che la riduzione non avrà luogo se tra i contitolari ci sono figli minori, studenti o maggiorenni inabili. Per le disposizioni presenti nel nostro ordinamento pensionistico, ricordiamo che l’importo della pensione di reversibilità è pari ad una quota percentuale della pensione in pagamento o di quella che sarebbe spettato al lavoratore deceduto, ossia del 60% al coniuge superstite, 70% al figlio solo o all’80% al coniuge più un figlio o 100% al coniuge con due o più figli e 15% per ogni altro familiare avente diritto ma diverso dal coniuge o figli.

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