Pensioni, la controriforma di Boeri.

Di toccare le pensioni d’oro non se ne parla nemmeno. Ma di mettere le mani su quei quattro soldi dei lavoratori dipendenti è pane quotidiano. I contratti sono fermi da quando si è passati dalla lira all’euro e di andare in pensione se ne parlerà, se tutto va bene, a 70 anni e con un assegno che sarà poco meno o poco più di una pensione sociale. Ed eccola “la genialata” del presidente dell’Inps, rimasto con le casse vuote: per aggirare la ‘riforma fornero’, dal 2017 le persone potrebbero andare in pensione dopo aver accettato di rinunciare a una parte dell’assegno.
La diminuzione dovrebbe variare in base agli anni di contributi che mancano: il 3% circa su base annua per un massimo di 3 anni, per trattamenti pensionistici a partire da 1.500 euro mensili.
La Riforma Fornero. Dal 1995 fino al 2011 per riuscire a riscuotere la pensione di vecchiaia occorreva raggiungere 65 anni d’età per gli uomini e 60 per le donne e almeno 20 anni di contributi versati. Con la Riforma Fornero si è passati a 65 anni e 7 mesi di età per le lavoratrici del settore privato, 66 anni e un mese per le autonome e 66 anni e 7 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi uomini mantenendo i vent’anni di contribuzione minima. Il tutto modificando anche l’età minima per accedere alla pensione di anzianità.
La controriforma Con l’idea di Boeri il contribuente potrebbe decidere di andare in pensione prima di raggiungere l’età minima, rinunciando a una parte del proprio assegno mensile e questo potrebbe concorrere a sanare la questione “esodati”. Per esempio: per chi volesse andare in pensione a 63 anni e 7 mesi, ovvero 3 anni prima del limite, passerebbe da una pensione da 25.000 euro annui circa a 22.956 euro, perdendo l’8,4% dell’ammontare annuale, ovvero 2.097 euro. A una pensione da 1.927 euro mensili verrebbero quindi decurtati circa 162 euro al mese. Ma tra vent’anni ad una pensione che sarà di appena 600 euro al mese cosa si dovrà decurtare per lasciare il lavoro prima dei 70 anni?

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