Pd e Pdl causa del disastro. Non si può votare più per loro!

di Mario Adinolfi. Il 25 febbraio 2013 il 51% degli italiani ha votato per Pd e Pdl, assegnando a questi due partiti nel loro complesso la maggioranza assoluta dei consensi e dei seggi in Parlamento. Conseguenza di questo politico è stato il governo di Pd e Pdl, guidato da Enrico Letta, che cade ora in un contesto farsesco raccontato con toni tragici. Il gioco in atto è quello dello scaricabarile: di chi è la responsabilità del disastro politico che porta con sé anche l’aumento dell’Iva al 22%, il deficit a quota 3,1%, il record del debito pubblico, l’inevitabile instabilità di mercati e spread? Non fatevi incantare dai racconti delle tifoserie. Le responsabilità del disastro sono equamente distribuite tra un Pd che vive questa stagione tragica per l’Italia solo pensando ai propri giochi congressuali con l’ossessione di sbarrare la strada a Matteo Renzi e un Pdl che non è mai andato oltre l’essere il partito-strumento di Silvio Berlusconi per badare ai cazzi propri ora diventati pesanti per via delle note vicende giudiziarie. Dell’Italia a Pd e Pdl interessa il giusto, cioè niente. I gruppi dirigenti del Pd pensano a come permanere nella propria condizione di privilegio resistendo alla tempesta Renzi, il Pdl è piegato alle esigenze di Berlusconi. Fine della storia. Il racconto sul “senso di responsabilità” e le conseguenti accuse reciproche sono mero teatrino. Il 25 febbraio a Pd e Pdl avete consegnato la maggioranza assoluta dei voti. Moltissimi che leggono questa pagina hanno votato per questi due partiti. Io, dopo aver fatto esperienza da parlamentare, ho pienamente colto le logiche con cui questi partiti si muovono e le ho raccontate qui. Mi sono battuto per rottamarne i gruppi dirigenti, ho perso, ho scelto di non ricandidarmi parlamentare (pur avendo diritto a presentarmi alle primarie del mio partito come deputato uscente senza dover raccogliere le firme) e ho deciso che non avrei votato per i partiti maggiori, maggiormente responsabili del disastro italiano con le loro classi dirigente incancrenite da vent’anni consecutivi di governo e di simul stabunt, simul cadent. Ho votato le due liste in cui si presentavano solo non parlamentari, Scelta Civica alla Camera e M5S al Senato, raccontando qui il perché della scelta e beccandomi tanti insulti e accuse cretine di “tradimento”. Qualcuno mi ha dato del voltagabbana come se rinunciare a quindicimila euro al mese, non ricandidarsi e sostenere liste privi di parlamentari uscenti fosse un atto da cui io traessi vantaggio. Mi spiegheranno quale. Sono rimasto solo coerente con un’idea fissa: queste classi dirigenti vanno rottamate, sono responsabili del disastro italiano, non si può votare più per loro. Al momento della nascita del Pd mi sono illuso, ho creduto nella palingenesi e nella scrittura di una pagina nuova del libro della storia italiana. Non è stato così. E’ stato il solito gioco, ripetuto anche da Berlusconi recentemente: cambiare simbolo e ragione sociale, per sopravvivere. Letta e Bersani e Franceschini erano al governo negli Anni Novanta, oggi sono l’architrave del Pd, così come Berlusconi è l’architrave del Pdl. Con sollievo posso dire: io il 25 febbraio 2013 non ho votato Pd, non ho votato Pdl. Non ero con la maggioranza, andavo d’accordo con una morettiana minoranza. Da allora oggi non passa giorno che non venga fermato per strada per qualche lamentela sul sistema politico. Io, dopo la tirata, chiedo sempre: sì, ma tu per chi hai votato? Nove volte su dieci hanno votato per uno dei due partiti maggiori. Ora, in tempi inevitabilmente brevi se non vi scipperanno con un gioco di palazzo indegno di qualsiasi democrazia (comprandosi cioè senatori in libera uscita terrorizzati dall’idea di perdere i quindicimila euro al mese), si tornerà alle urne. Faranno la pagliacciata di provarsi a scrivere una legge elettorale su misura. Vi diranno che così hanno dimostrato di essere riformisti. Non abboccate più. Non votateli più. Pd e Pdl, foss’anche nella rideclinazione del volto giovane di Matteo Renzi e della bandiera riciclata di Forza Italia, non meritano più il vostro consenso. Se Renzi vuole dimostrarsi credibile, si appelli agli italiani senza l’ombrello protettivo di un partito invotabile, in cui non potrà fare a meno di condividere spazi di potere con gli Enrico Letta e i Pierluigi Bersani, responsabili del disastro odierno. Renzi non si infili nella bruttura di questo congresso annunciato da un accordicchio in direzione, come ai vecchi tempi e con i vecchi modi che lui voleva rottamare. Si appelli Renzi ai ventinove milioni di italiani dopo il 1970, che sono diventati la maggioranza assoluta del paese, prescidendo dalle vecchie colorazioni politiche, spiegando che vuole andare al governo per rivoltare il paese e curare le ferite che quei ventinove milioni pagano tutti sulla pelle: la più grande delle disuguaglianza, con padri e nonni con posti fissi e pensioni, case di proprietà e diritti acquisiti, con i figli disoccupati, precari, costretti a vivere con mamma, sottopagati, senza diritti e senza futuro. Questa è la sfida. Se Renzi sarà il candidato premier del Pd con tutto il carrozzone di dirigenti con cui avrà chiuso il solito accordicchio, non lo voterò. Pd e Pdl non si possono più votare, dopo i fatti di questi giorni credo ve ne siate resi conto. Se lo fate ancora, se vi fate fregare dalle tifoserie che non ragionano o dai parassiti che campano di politica e vi spacciano la lotta per la tutela del proprio privilegio come impegno per il Paese e “senso di responsabilità”, allora siete proprio scemi. E non ripetetemi la fregnaccia dell’astensione. Come vi sarà ormai chiaro, forse, conta solo chi vota.

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