Passata la festa, gabbato lo santo: Ue madre o matrigna?

Dopo la pandemia, dopo più di un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, dopo una tregua economica fatta di aiuti e di maggiore flessibilità sulle finanze pubbliche degli Stati membri, adesso l’Europa – ancora senza un esercito, una fiscalità e una politica migratoria definiti – ritorna a fare l’Europa.

La Commissione europea si prepara al ritorno a regime delle regole di bilancio comuni.

Insomma, per il 2024 gli Stati membri dovranno garantire la “sostenibilità del debito a medio termine” e promuovere una crescita “sostenibile e inclusiva”. Il messaggio prende la forma di ‘linee guida’ sulle politiche fiscali. Va letto però come un avvertimento: già sui conti attuali dalla primavera del 2024 potranno scattare procedure per deficit eccessivo, la bestia nera di Bruxelles che impone il rientro dei conti ai Paesi ‘cicala’, nel caso anche con sanzioni. Il dossier è di quelli seguiti con attenzione da tutti i governi. Dalle scelte dipenderà lo spazio di manovra che gli esecutivi avranno.

Il passaggio di Bruxelles è una prima tappa verso il nuovo Patto. Gli Stati, ha fatto sapere l’esecutivo europeo, dovrebbero tenerne conto nell’esecuzione dei bilanci 2023, nella preparazione dei programmi di stabilità e convergenza (che i Paesi presentano entro fine aprile definendo i piani per il triennio) e nei documenti programmatici di bilancio, la manovra per il 2024 ‘tradotta’ per Bruxelles. Il tetto da non sforare resta il 3% del deficit sul prodotto interno lordo fissato dai Trattati. Le attuali previsioni per il deficit italiano al 2023 sono del 4,5%.

A maggio la Commissione darà ai 27 Stati membri le proprie ‘raccomandazioni’ nel ‘pacchetto di primavera’ con requisiti differenziati in base alle sfide di sostenibilità del debito, cercando un equilibrio tra le attuali regole del Patto di stabilità, sospeso dall’inizio della pandemia, e quelle nuove in via di approvazione.

In linea alla riforma del Patto ipotizzata dalla Commissione, sarà indicato un valore per la spesa primaria netta (al netto delle entrate una tantum e della spesa per interessi e per disoccupazione), il valore unico che andrà a sostituire le più complesse indicazioni del vecchio Patto su ‘output gap’ (differenza tra pil effettivo e potenziale) e deficit strutturale (cioè depurato dal ciclo economico).

Insomma, prepariamoci ad un prossimo giro di vite, sulle nostre tasche naturalmente!

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