Oh mamma, in tv abbiamo i velini!

di Roberta Cogotti. Oh mamma, in tv abbiamo i velini! Alla veneranda età di 25 anni, la trasmissione più nazional-popolare d’Italia, Striscia la notizia, si rinnova, mandando a casa l’icona femminile della velina per dare spazio a un’immagine tutta nuova di quella maschile. Sicuramente mossa ironica e provocatoria, contro quei benpensanti che li accusavano di diffondere e promuovere l’immagine della “donna oggetto”. Mi chiedo però che risvolti avrà questa nuova trovata. Perché se fino ad oggi eravamo abituati a determinate icone ed alle bimbe ed ai bimbi sognanti che dicevano “da grande voglio fare LA velina o IL calciatore”, dobbiamo quantomeno prepararci all’inversione di tendenza. Troppo presto per dire se questo piccolo dettaglio diverrà o meno un fenomeno degno di nota, ma la televisione è sia veicolo che specchio di costumi e rinnovamenti culturali. E se ci guardiamo bene intorno possiamo notare già l’ombra di un cambiamento culturale, un venire meno di quelle marcate definizioni dei ruoli sociali tra cui anche quelle tra i sessi. Elementi che non richiedevano riflessioni o assunzione di responsabilità circa la loro esistenza, davano una base di certezza alla vita e all’identità, indicavano a priori dove ci si doveva posizionare nel contesto sociale, cosa si poteva e cosa non si poteva fare, collocando ahimè, la donna in una posizione di svantaggio. L’emancipazione femminile, la grande battaglia delle pari opportunità, ha liberato la donna occidentale del novecento da quelle strutture rigide e talvolta oppressive. La donna del ventunesimo secolo è (sulla carta) forte, libera, consapevole. Ma quali sono gli effetti? Apparentemente l’uomo appare spiazzato da questa nuova donna che ha eliminato il divario e viaggia al suo fianco. E nel mare della relatività arriva la reazione di avere il diritto a reclamare determinati ruoli che prima erano solo femminili. Ecco che il paradigma si ribalta: perché se la donna può fare il soldato, l’uomo non può fare il velino? L’estetica, lo shopping, il romanticismo non sono più prerogativa femminile. La donna acquisisce modi di vivere ed agire dell’universo marziano e l’uomo modi di quello venusiano, e tutto ciò che ne consegue è una normalità perennemente in divenire dove tutto è possibile e niente scontato. E’ questa l’essenza delle pari opportunità, o le pari opportunità stanno sconfinando nell’abbattimento di ruoli e differenze? Presumibilmente l’ultima affermazione è quella corretta. Ma chissà se era davvero questo l’obiettivo che si voleva raggiungere e se davvero sia migliore un mondo in cui non ci sono ruoli, etichette, categorie. Non sappiamo quanto davvero la donna è pronta ad accettarne le conseguenze ed interfacciarsi con un uomo che sta rinchiuso nella torre e vuole essere salvato come Raperonzolo e quanto l’uomo sia a suo agio con una donna che pretende di pagare il conto. Nel postmoderno tutto è relativo, effimero, incerto ed in continua evoluzione. Non ci resta che decidere se ciò ci piace o no, se partecipare e appoggiare questa nuova definizione sociale o contrastarla, comunque sia attraverso una personale e consapevole assunzione di responsabilità. Personalmente credo molto nell’ipotesi dello sconfinamento del concetto di pari opportunità, che partito con le migliori intenzioni di dare a tutti le stesse possibilità, potrebbe rischiare di essere male interpretato ed appiattire la società. Faccio mia una citazione che ho visto qualche tempo fa su un social network, che proviene dal Talmud: “La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, nè dalla testa per essere superiore ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta e accanto al cuore per essere amata”Citazione che aldilà della metafora utilizzata e del credo di riferimento, a mio parere rappresenta la giusta via di mezzo perchè sancisce il diritto all’uguaglianza tra i sessi ma allo stesso tempo evidenzia le peculiarità della femminilità e della mascolinità. Elementi da tenere bene in considerazione nel cammino della vita.

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