Notizie dall’Argentina, dal libro “Il dono di Tita” di Agostino Spataro.

di Agostino Spataro. Queste note sono tratte dal mio recente libro “Il Dono di Tita. Parole al vento”. Questo lavoro non necessita di prefazione, né di presentazione. Si presenta da sé. L’ho scritto per il mio personale diletto e lo dedico a Gyongyi e ai nostri carissimi nipotini Lucia e Giuseppe Migliara. Il titolo è ispirato da un piccolo episodio, effettivamente accaduto, davvero esemplare, che ci richiama al valore del dono, del donare in genere. Il libro non ha una trama, né una coerente costruzione capitolare.

È una silloge composta di frasi minime, di pensieri disposti alla rinfusa, al di fuori di un ordine cronologico lineare. Il risultato è un flusso continuo di parole che affido al vento, allo scirocco che giunge dal Mediterraneo e impazza per la vastità della campagna: dal mulino di Montefanuso al pianoro delle Macalube.

Desidero solo aggiungere una sintetica riflessione sull’atto del donare da cui – a mio parere – viene la vera gloria. A pensarci bene, la volontà di donare, la forza del dono sono moralmente superiori di quella del potere inteso come forza impositiva autoreferenziale o di gruppo. Il potere suprematista, economico, politico o d’altra natura, in quanto privilegio, è di per sé stesso conservatore, meschino, talvolta anche assassino.

Al neoliberismo egoista dominante bisogna contrapporre una civiltà, un’economia del dono. Poiché il dono è liberalità, munificenza, solidarietà, progresso: sopra queste virtù si potrebbe costruire un mondo nuovo per i giovani di questo XXI° secolo che speriamo possa evolvere nella pace e nella cooperazione fra tutti i popoli del mondo. Utopia? Forse. In ogni caso, una bella utopia.

Argentina: la divisione delle ricchezze e dei poteri.

Al pranzo con un funzionario dell’ambasciata italiana, parliamo dell’attuale situazione politica dell’Argentina, caratterizzata da uno scontro durissimo fra il governo, che qui un po’ tutti chiamano i “los Kirchner”, e il campo avverso composto da potenti organizzazioni di produttori e commercianti di carne, di grano e di soia. Uno che ogni tanto alza la voce in difesa dei poveri è il cardinale Jorge Mario Bergoglio, gesuita, a capo della diocesi di Buenos Aires. I Kirchner lo hanno accusato di essere l’unico oppositore politico ai loro governi, anzi una specie di “capo dell’opposizione” al loro potere. Il confronto politico è assai duro e non si sa come andrà a finire. Non bisogna mai dimenticare che nei periodi più acuti dello scontro sociale e politico, a un certo punto intervengono i militari e ti affibbiano una feroce dittatura, per “placare gli animi e assicurare l’ordine e la pace sociale della nazione…” In realtà, i militari, che godono di una certa reputazione storica nonostante il genocidio dei nativi, (forse grazie a questo), temono che il “disordine” possa travolgere anche il loro “potere”, quello esercitato dalle tre Armi sui traffici più lucrosi e scandalosi del Paese.

Effettivamente, questi “K” (Kirchner) non stanno offrendo un esempio edificante in politica: si alternano al governo fra marito e moglie, in attesa che il figlio Maximo possa fare il suo ingresso nel club dei predestinati. Nel mezzo, fra marito e moglie, si era politicamente inserita, come brillante ministro dell’economia, Felisia Miceli, di origini siciliane, di Leonforte precisamente, come mi hanno raccontato i suoi familiari durante un pranzo a casa loro dalle parti del Parlamento. Vi ero andato per avviare, in accordo con il sindaco di Leonforte, Nino Di Naso, i contatti per una visita della ministra nel luogo di nascita del suo genitore. Mesi dopo, la ministra incappò in uno scandalo provocato dal casuale – dicono – rinvenimento, di una borsa piena di dollari nel suo Wc personale al ministero. Casualità o altro? Fatto sta che a causa di tale rinvenimento la Miceli fu costretta alle dimissioni e pertanto dovette rinunciare al sogno di essere la candidata alla successione di Nestor Kirchner che -come è noto- sarà sostituito dalla moglie Cristina. Stranamente però, nonostante lo scandalo, l’ex ministra Miceli fu accolta, come amministratrice e manager, dall’Associazione delle Madres di Plaza de Majo ossia da una istituzione considerata sacra in fatto di moralità e di coerenza democratica.

Il “conurbano”: l’equilibrio del potere.
Nel “conurbano” di Buenos Aires vivono alcuni milioni di persone a forte disagio sociale. Si calcola che qui si concentri il 10 % del vo­to popolare argentino. Lo schieramento che riesce a orientare (leggi “a comprare”) questa massa elettorale si assicura la vittoria sui tre livelli: comunale, provinciale e nazionale. Di solito sono i partiti di governo che controllano il voto del “conurbano”. I pero­nisti sono più favoriti, ma anche la concorrenza non scherza in fat­to di clien­telismo. È un’ottima rendita elettorale. Finché ci sarà un “conurba­no” disperato, emarginato la vittoria è quasi assicurata a chi riesce ad attirarlo nella propria sfera d’influenza elettorale. È una riserva di voti! Perciò, nessuno si decide a intervenire per libe­rare la met­ropoli dall’assedio di questa ampia fetta umana costituita da indi­genti, disoccupati, pusher, pregiudicati, ecc. Altro che favelas brasi­liane! Gli abitanti del centro di Buenos Aires evitano questi luoghi. Il “conurbano” è il ghetto dei disperati, separato dalla città “utile”, dalla fascinosa città del tango, anche fisicamente, mediante la co­struzione di un anello autostradale che ne designa il confine. In ge­nere, chi nasce nel “conurbano” è destinato a restarci, per sem­pre. Si pensa che le autorità, di qualsiasi colore politico, non desiderino risanare, modificare l’assetto sociale ed economico di tale realtà sub-urbana poiché -come detto- costituisce un serbatoio strategico di voti. Il risanamento del “conurbano” modificherebbe l’equilibrio del potere in Argentina che, tuttavia, è un Paese del G20 ossia del “gruppo dei primi 20 Paesi più ricchi del mondo”. Eppure l’Argentina (come altri) continua a far convivere scandalose ric­chezze a fianco di miserabili esistenze. Da qui provenivano la gran parte dei “descamiciados” di Evita. Oggi il loro posto lo hanno preso i cartoneros (i quali si stanno dando una dignitosa organizza­zione autonoma), i “piqueteros” e tutta quell’umanità irredenta, esclusa dal benessere.

Agostino Spataro, Giornalista, già deputato nazionale, direttore di “Informazioni dal Mediterraneo” (www.infomedi.it), collabora con “La Repubblica” e con altri giornali italiani e stranieri.

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