Non basta dire ‘cambiamento’ per cambiare.

di Redazione. Scandali, ruberie, favori, piaceri, mazzette e tangenti. Vere, presunte, false… mah? chi vivrà saprà! Magari tra una decina d’anni, con un trafiletto di due righe a piè di pagina dopo che il ‘mostro’ – a torto o a ragione – è stato sbattuto in prima pagina e massacrato a reti unificate.

Giustizia. Giustizia giusta!? Giustizia ad orologeria!? Giustizia politicizzata!? Nel Paese del sospetto, di sospetto c’è anche questo.

Nel Paese dove per aprire un’attività ci vogliono montagne di licenze, permessi, autorizzazioni, visti, bolli, firme e controfirme, nonostante la semplificazione.

Nel Paese che mette on line una dichiarazione dei redditi pre-compilata, ma in realtà tutta da compilare.

Nel Paese dove la fiscalità è fuori controllo perchè non c’è controllo, chè chiude tutti e due gli occhi davanti all’evasione e all’elusione fiscale e che, quando ne apre uno, condona gli evasori e tartassa chi paga fino all’ultimo centesimo di tasse e blazelli vari.

Nel Paese dove chi sgobba dalla mattina alla sera riesce a portare a casa poco più di un reddito di cittadinanza, e dove chi ha versato contributi per quarant’anni alla fine va a prende una pensione non più alta di quella sociale.

Nel Pese dove chi lavora al Quirinale o alla Camera, insomma in un posto ‘vicino al sole’, prende uno stipendio dieci volte maggiore di quello di un comune Statale, ebbene in questo ‘grande’ Paese è difficile parlare di Giustizia.

In questo ‘grande’ Paese – dove chi grida ‘Onestà, Onestà’ e ‘Prima gli italiani’ quando sta in panchina, ma che poi ‘bara’ quando entra in gioco – è praticamente impossibile pensare ad una “giustizia giusta” e “uguale per tutti”.

Vieppiù è anacronistico il solo ipotizzare una più “equa redistribuzione della ricchezza”, anche perché quando qualcuno cerca di attuarla gli fanno lo screenning e chi tenta di redistribuire ricchezza in realtà redistribuisce solo miseria e povertà, togliendo a chi ha già poco per dare a chi non ha niente: niente per davvero, o niente per finta.

Eppure in questo ‘grande’ Paese c’è ancora chi tappezza le città con i manifesti elettorali che invitano a votarli per ‘cambiare’ l’Europa.

Proprio loro che non sono riusciti a ‘cambiare’ di una virgola l’Italia e le città dove sono stati già eletti, ebbene loro hanno la pretesa di ‘cambiare’ addirittura l’Europa e il Mondo intero.  

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3 Responses

  1. Anna Maria Bernini ha detto:

    Stasera si riunisce un consiglio dei ministri che in ogni altro Paese sarebbe considerato cruciale per le sorti del governo. Nell’era gialloverde no: Lega e Cinque Stelle sono in disaccordo su tutto, si sparano bordate quotidiane in dosi industriali, stanno sfasciando il Paese ma tutti continuano a dire che nessuno vuole la crisi “perché ci sono ancora troppe cose da fare”. Il decreto crescita dovrebbe rilanciare il Pil, rimborsare i risparmiatori truffati, finanziare Alitalia e salvare Roma dal default, eppure è fermo da inizio aprile. Oggi dovrà essere per forza approvato, dopo il fermo richiamo del presidente Mattarella, ma il clima è pessimo: lasciando da parte i mitra, i ministri dovranno munirsi di elmetto, e per andare avanti dovranno inventarsi una formula nuova: da salvo intese a salvo ritorsioni. Quelle che già promette la Lega in Parlamento sulla norma salva-Roma.

  2. Alessia Mancini ha detto:

    Ma di cosa abbiamo bisogno per CAMBIARE? Forse di un’latra guerra mondiale o di un gran terremoto o di una immnane alluvione che ci faccia riacquistare un pò di granus salis? Quando questa umanità iuscirà ad essere più umana con se stessa e con l’ambiente che la circonda? Muoviamoci, mobilitiamoci, ma tutti, nessuno escluso.

  3. Marina Serafini ha detto:

    Giusta la premessa: impossibile cambiare il mondo senza cambiare se stessi. Ma perché qualcuno capisca l’importanza di dover cambiare è emissario che dall’esterno arrivi l’urgenza e la necessità impositiva del fatto.
    Nel nostro paese, dove il controllo non è voluto ne eseguito, chi potrebbe mai davvero imporre un cambiamento? All’uomo, prima che al sistema, e al sistema perché cambi l’uomo?

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