L’Italia non è razzista.

Roberto Calderoli, vice presidente del Senato ed esponente di primo piano della Lega Nord finisce per l’ennesima volta nella bufera per gli insulti lanciati da un comizio nel bergamasco contro il ministro dell’Integrazione Cecyle Kyenge: “Quando vedo le sue immagini non posso non pensare alle sembianze di un orango“! Un’uscita infelice e poco galante soprattutto perché rivolta ad una signora, non certo per il colore della pelle della stessa. Battuta pronunciata da chi non è certo un fotomodello, né tantomeno un modello di raffinatezza e che, come da protocollo, ha scatenato lo sdegno – bigotto, ipocrita e bipartisan – delle forze politiche e dei massimi vertici istituzionali. Una polemica che ha tenuto banco per tutto il week end e che farà ancora tanto discutere! 
Insomma, le solite chiacchiere, le solite scuse, le solite inutili polemiche, distanti come sempre anni luce dalla realtà del Paese. Un Paese senz’altro più moderno, avanzato, cosmopolita ed integrato della propria classe dirigente che lo reputa babbeo e razzista e che ancora discrimina sul colore della pelle dei cittadini per ottenere consensi da un popolo che per oltre il 50 per cento degli aventi diritto continua a disertare le urne. 
Il vero razzismo degli italiani, carissimi onorevoli deputati e senatori, non è quello inesistente e pretestuoso verso i fratelli neri con i quali vivono e condividono il quotidiano, ma il razzismo nei confronti della casta, delle politiche del non fare, del fare male. Il razzismo che gli italiani sentono è quello sulla propria pelle, per effetto di politiche economiche e sociali fallimentari. Il razzismo per chi non paga le tasse come dovrebbe, per chi non amministra il bene pubblico come buon senso richiede, per chi se ne frega dei problemi reali del Paese e pensa esclusivamente ai propri interessi andando a prendere i soldi che servono a mantenerli alla bella vita sempre dai soliti noti. 
Se tizio assomiglia ad un rospo o se caio ricorda un orango scandalizza soltanto “loro”, che s’indignano quando la battuta viene riferita ad uno di colore. Gli italiani sono cresciuti. E se tizio o caio assomigliano a questo a quell’altro o a chicchessia, se siano bianchi, neri o gialli, poco gliene tange. Soprattutto quando certe battute vengono da chi fino a ieri celebrava il rito tribale dell’ampolla del dio Po, pensava di risolvere i problemi dell’Italia con le ronde e il porcellum, dividendo la penisola in due, trasferendo i ministeri in quel di Monza, e che gridava “Roma ladrona” quando poi la storia recente ha dimostrato che tutto è andato a finire a… trote e diamanti!

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