La tassa sul money transfer dei migranti.

di Redazione. Vengono qui da noi da tutte le parti del mondo in cerca di una vita migliore, nella speranza di guadagnare qualche soldo in più di quanto potrebbero fare in terra patria. Sono loro, i migranti.

E allora c’è chi, in tempo di profonda crisi, con la natalità prossima allo zero e una popolazione sempre più anziana, li ritiene una benedizione, una risorsa irrinunciabile, perché sarebbero loro, i migranti, a pagare le nostre pensioni. E chi, invece, la pensa in maniera diametralmente opposta ritenendo che i migranti spendano, qui da noi, solo lo stretto necessario per sopravvivere, mentre il grosso dei loro guadagni – in nero o in chiaro – lo manderebbero alle famiglie rimaste nel paese di provenienza.
La Lega, molto più sensibile sull’argomento ‘migranti’ degli alleati pentastellati, e alla disperata ricerca di risorse per far quadrare i conti, vorrebbe introdurre nel Decreto fiscale un balzello dell’1,5% sulle rimesse che dall’Italia vanno verso i paesi di origine attraverso i money transfer.
Un prelievo che, secondo le stime della Fondazione Moressa, porterebbe nelle casse dello Stato poco più di 60 milioni di euro e che andrebbe a pesare soprattutto sulle tasche dei lavoratori bangladesi, filippini, senegalesi e indiani.
Infatti, se si guarda alla classifica di chi spedisce più soldi a casa, dopo i romeni (che non sarebbero tassati in quanto comunitari), da tempo si segnala il record dei bangladesi. E infatti, il contributo più consistente imposto dalla tassa sarebbe dato dai cittadini del Bangladesh, con ben 8 milioni di euro. E visto che i bangladesi in Italia sono circa 130mila, sarebbe come chiedere a ciascuno di loro, inclusi bambini e anziani, un contributo annuale di circa 60 euro. Seguono i migranti delle Filippine (che verserebbero 4,9 milioni complessivi di tasse), Senegal (4,6 milioni), India (4,4 milioni), Sri Lanka (4,2) e Marocco (4,2).
Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. Infatti, la nuova tassa sui money transfer andrebbe ad aggiungersi alle spese di commissione già pagate dai migranti al servizio transfer, e a cozzare contro tutti gli impegni assunti a livello internazionale, volti a ridurre il costo di queste transazioni finanziarie verso l’estero effettuate da persone fisiche, con il rischio di ingrossare i canali informali, talvolta illegali, di trasferimento del denaro.

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