La polemica dell’agnello, frotte di carnivori pentiti trasformatisi in mangiatori di tuberi e semi di papavero!

di Grazia Nonis. Appartengo ad una generazione in via d’estinzione. Quella di mia nonna in carriola, di Carlo Cudega e dei tanti “Ah, ai miei tempi…”. Quella dell’aia circondata da polli e galline, della mucca nella stalla, la conigliera, il maiale, l’odore di letame, granturco, erba tagliata, i profumi dell’orto, dei fiori, delle piante da frutto, del tepore di uova appena raccolte; l’abbraccio bambino a paperelle e pulcini; la nascita di un vitello umido e tremolante; la nonna che mungeva, imprecava e mungeva , mentre la vacca le sfiorava e spostava il fazzoletto che ella usava per proteggersi il capo. Calore, odore di stalla. Fieno e paglia tra le pareti di malta e sassi di fiume. Antichi testimoni di raduni famigliari.
Mormorii e discorsi di borgata, di semine, di lune, di raccolti, di pianti adulti e neonati. Di fame, di guerre, di invasori, di coprifuoco, di razzie, di amori. Oggi, di roboanti silenzi. L’aia. Ancora lì, poiché tutto lì si svolgeva. In quell’insieme di attrezzi, fontane, stie, carriole, secchi e tini, si ammazzava il pollo, la gallina o il coniglio per la domenica. Mani di uomini e donne che si tramandavano un’usanza, una tradizione e la loro stessa vita, lavoravano senza sosta tra secchi d’acqua bollente, piume, zampe, e interiora. Sempre lì, in quello spazio semi aperto, si uccideva il maiale, che con tanta cura e dedizione era stato cresciuto, accudito e pasciuto con avanzi di casa e pastoni di semola cotti sulla cucina a legna. Il suino divorava frutta, verdura, e persino le bucce del cocomero che i bimbi facevano cadere nel trogolo di pietra. La sua morte era salvezza, cibo, futuro, tradizione, allegria e famiglia. Di padre in figlio, di generazione in generazione. Un passato che si è infilato tra i cromosomi del loro Dna contadino, che quasi mai s’adegua, si modifica, cambia. Stupiti, oggi osservano giovani animali infiocchettati e coccolati da vegetariani, vegani e animalisti scesi in piazza abbracciati ad agnelli e capretti, in compagnia di Berlusconi belanti con o senza biberon. Alcuni con vesti lordate di sangue, per convincere, in maniera teatrale e un po’ sciocca, quanto sia crudele sgozzare un quadrupede neonato per farne gustose costolette. Tra loro, frotte di carnivori pentiti trasformatisi in mangiatori di tuberi e semi di papavero, dichiarano di bandire dalle loro tavole ogni traccia animale. Altri respingono l’agnello ed optano per il vitello, la manza o il tacchino, tacitando così la loro ovina ma ipocrita coscienza.

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