La morte della civiltà.

di Clemente Luciano. No, non é una “denazificazione” dell’Ucraina come vorrebbe far credere il criminale del Cremlino. La c.d. “operazione speciale” con la quale la Russia di Putin sta radendo al suolo le città ucraine, sa piuttosto di una “deucrainizzazione”, di uno sradicamento della stessa identità etnica e culturale dell’Ucraina; la negazione a vivere di quella nazione, che per Putin non é mai esistita storicamente.

Lo testimoniano non soltanto la distruzione totale delle città, da Mariupol a Severodonetsk ma anche le deportazioni di decina di migliaia di bambini verso la Russia e l’autentico genocidio della popolazione, gli stupri di donne e bambini, le fosse comuni che ogni giorno continuano ad essere scoperte. E adesso l’orrore del supermercato di Mariupol, nei cui locali, abbandonati e distrutti, i russi hanno gettato i cadaveri degli ucraini raccolti in città o esumati dalle tombe. Guardare le immagini di quei corpi ammassati uno sull’altro, con dei numerini sulle braccia, come ai deportati di Auschwitz, suscita orrore e raccapriccio. Corpi in decomposizione, ammucchiati sul pavimento in mezzo agli scaffali devastati e vuoti, alle casse desolate, alle immondizie delle cose saccheggiate.
In questa guerra abbiamo visto tante scene orribili: stragi con i missili, distruzione di orfanatrofi, ospedali pediatrici, psichiatrici ed oncologici, civili eliminati con un colpo alla testa per strada come inciampi umani e buttati in fosse comuni.
Ogni volta la guerra reitera l’immagine del Male, la negazione della Ragione. Ma la barbarie sui cadaveri é la negazione della nostra Civiltà, della nostra Storia, di ciò che siamo, delle battaglie ideali e valoriali che abbiamo combattuto per dirci Uomini.
Perché il culto e il rispetto dei morti é uno dei concetti fondanti della nostra civiltà;quel concetto che tanta parte ha preso nel pensiero filosofico, da Platone ad Agostino, da Pascal a Kierkegaard, da Nietzsche ad Heidegger. La tomba é il termine del percorso umano, ma è il punto di partenza della umanità.
Tutto in fondo inizia dalla fine. La morte e il suo culto rendono immortali. Il rispetto e la sacralità della Morte, celebrata anche con il più umile ritorno alla terra, rende l’Uomo immortale.
Ed invece oggi, nel terzo millennio, assistiamo con angoscia e orrore alla profanazione della morte, con quell’immensa offesa fatta ai cadaveri di Mariupol, atrocemente e volutamente gettati lì, in terra in un supermercato quasi come merce guasta di cui non si sa cosa fare.
La negazione della tomba e di una sepoltura a quei cadaveri significa negare che ciò che si trova sotto una semplice lastra di pietra sia degno di rimanere negli affetti e nei sentimenti. Invece, quella logica di “deucrainizzazione” ha lo scopo anche di dire che la gente ucraina non ha significato né importanza, nessuna dignità, neppure da morta. Anche se a poco a poco di quei corpi non ne resteranno che ossa e cenere e polvere. Ma una dignità è dovuta anche ai resti materiali dal momento che non sono cose, scarti, ma testimonianza di quello che significa l’Umanità.
In questi 100 giorni dalla brutale aggressione russa, abbiamo assistito per il tramite del circuito massmediale, ad un numero di mostruosità indicibili, consumate contro la popolazione civile. Mostruosità consumate al centro di quell’Europa, Madre di civiltà e cultura. Ma di fronte alla umiliazione dei morti, allo sfregio dei cadaveri non c’é più civiltà. Laddove l’Uomo è ancora Uomo, laddove esiste ancora la Civiltà e con essa la cultura della Morte, il morto che viene sepolto, pianto e perciò rimpianto, indicato con una lapide, una croce, anche un semplice sasso, fa ancora parte della umanità, non è un cadavere. Perché non lo si è abbandonato, lasciato cadere nel Nulla, ma lo si continua a “sentire” presente, anche se in altro modo.
A Mariupol non si combatte più da giorni. Non si può perciò nemmeno dire che siccome si sta combattendo strada per strada, i vivi, che lottano per non essere a loro volta uccisi, non hanno la materiale possibilità di seppellire quei corpi con un gesto di pietà verso i vinti.
Al contrario. Questi cadaveri sono stati apposta raccattati tra le rovine dei palazzi o addirittura esumati  e poi abbandonati per essere mostrati in quel luogo perché così si è cinicamente voluto.
Quei cadaveri lasciati apertamente a disfarsi nel lento degrado fisico della materia, significano che non si vuole affatto sbarazzarsi di quei morti.
Non si vuole dar loro una tomba, perché non si vuol dar loro rispetto e dignità neanche da morti, neanche con una umile sepoltura. Perché dare una sepoltura a un corpo significa avere pietà e rispetto di quel corpo. Invece i corpi di Mariupol, in decomposizione tra la sporcizia di quel supermercato distrutto, sono la profanazione fatta da una violenza totalitaria che dopo essersi presa le vite ora afferra e dileggia perfino il nemico ucciso.
I russi che hanno violato la morte dei morti ucraini esibendola con questa profanazione oscena, sembrano quasi “compiacersi”
della decomposizione di quei cadaveri. Perché per Putin la decomposizione di quei corpi é la decomposizione dell’Ucraina e della cultura occidentale.
Perché per lui l’Ucraina é solo una costruzione “artificiale antirussa”, e la “denazificazione” non é altro che una “deucrainizzazione” e, insieme e contemporaneamente, una “de-europeizzazione”, cioé di quella cultura che lui considera marcia e degradata. E allora, difronte a tutto questo, cosa vuoi che conti una Mariupol o una Severodonetsk rase al suolo, o gli orrori di Bucha e Irpin? In fondo sono “solo” nomi. Sono ” solo” altre
Grozny o altre Aleppo, roba già vista e, soprattutto, già “fatta”. Niente di “particolare”. E anche quei morti del supermercato di Mariupol, erano “solo” morti ucraini, morti che non avevano diritto nemmeno di morire.

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