Interviste impossibile. Margherita Sarfatti.

di Adamo Bencivenga. Margherita Sarfatti, la donna del Duce. È vero che Mussolini ebbe molte donne. Tra le sue amanti spicca Margherita Sarfatti, giornalista, critica d’arte, biografa del duce, mecenate, donna di mondo e consulente per la propaganda del Partito Nazionale Fascista prima del 1938.

(Venezia, 8 aprile 1880 – Cavallasca, 30 ottobre 1961)
Madame le sue origini?

Sono l’ultima di quattro figli di genitori entrambi ebrei, Amedeo Grassini e Emma Levi. Mio padre era un avvocato e uomo d’affari di grande spicco, consigliere del comune di Venezia e amico del patriarca Giuseppe Sarto, futuro papa Pio X. Fu il fondatore della prima società di vaporetti di Venezia.

Il prestigio della sua famiglia aumentò nel 1894…

Crebbe quando lasciammo il ghetto per trasferirci nello storico palazzo Bembo, sul canal Grande.

La sua dorata adolescenza madame?

Ebbi un’ottima istruzione e parlavo correntemente 4 lingue. Fui educata prevalentemente in casa con l’aiuto di alcuni dei più noti studiosi della città. Grazie alla posizione di mio padre ebbi modo di conoscere personalmente numerosi letterati del tempo tra i quali D’Annunzio e i Fogazzaro.

Che rapporto ebbe con la religione?

Come tutti i miei fratelli vissi un rapporto ambiguo e tormentato con l’ebraismo. Da un lato ero orgogliosa delle mie origini, ma dall’altro ero molto distaccata al punto che mi convertii al cattolicesimo.

A diciott’anni era già sposata…

Sposai Cesare Sarfatti, un avvocato ebreo socialista di Padova, più grande di me di 13 anni. Il matrimonio fu osteggiato dalla mia famiglia, ma io ero affascinata dalle sue idee. Misi al mondo tre bellissimi figli: Fiammetta, Roberto e Amedeo.

Poi il trasferimento a Milano…

Prendemmo casa in un piccolo appartamento in via Brera 19. Facevamo vita mondana frequentando l’alta società milanese. Poi ci trasferimmo in un appartamento più lussuoso e il nostro salotto di Corso Venezia 95 divenne il fulcro dei movimenti artistici del Futurismo e del Novecento italiano. Le vacanze invece le passavamo nella casa di campagna di Cavallasca, sul lago di Como.

Professionalmente ebbe molte soddisfazioni, vero?

Iniziai a scrivere regolarmente sull’Avanti della Domenica, organo di stampa del Partito socialista italiano, e dal 1909 fui direttrice della rubrica dedicata all’arte. Tra il 1902 e il 1905 collaborai con il periodico Unione femminile per l’emancipazione femminile.

Nel 1912 l’incontro importante per la sua vita…

Incontrai Benito Mussolini, allora dirigente del PSI e futuro direttore dell’Avanti! Tra noi nacque da subito una certa simpatia dovuta soprattutto ad una sintonia di pensiero. Lui aveva un forte carisma ed io ne rimasi affascinata tanto da seguirlo come redattrice nel 1918 al Popolo d’Italia.

La vostra relazione restò comunque segreta…

Eravamo entrambi sposati, anche se nessuno dei due nascondeva al rispettivo coniuge la relazione. Ritenevamo comunque opportuno non ostentarla. A Milano, uscivamo separatamente dalla redazione del “Popolo d’Italia” in via Paolo da Canobbio per ritrovarci in Corso Venezia e da lì raggiungere il nostro rifugio segreto.

Aderì anche al fascismo…

Beh percorsi varie tappe per arrivarci. Nel 1920 ero direttrice editoriale di Gerarchia, una rivista di teoria politica fondata da Benito. Nel 1922 fondai con il gallerista Lino Pesaro il Gruppo del Novecento, a cui aderì una serie di artisti famosi tra i quali Sironi. Nel 1925 sottoscrissi il Manifesto degli intellettuali fascisti che sancì di fatto la mia adesione al fascismo.

Nel 1924 morì suo marito…

Da vedova mi dedicai maggiormente alla stesura di una biografia su Benito. Il testo fu dapprima pubblicato in Inghilterra col titolo My Fault, The Life of Benito Mussolini e l’anno successivo in Italia col titolo Dux. Il libro ebbe un incredibile successo di vendite, raggiunse le 17 edizioni e fu tradotto in 18 lingue, compreso il turco e il giapponese.

La relazione sentimentale con Mussolini proseguì senza interruzioni…

Vivevamo il nostro rapporto in maniera discreta e vista la notorietà di Benito era fatto principalmente di incontri segreti a Palazzo Venezia. Ci furono anche violenti litigi dovuti alla mia gelosia. Lui era un maschilista convinto e assolutamente non intendeva rinunciare alle sue diverse amanti.

Poi però lei si trasferì a Roma…

Ormai, per tutti, ero la donna del Duce, i giornali ne parlavano senza mezzi termini. Alla fine del 1926 mi trasferii da Milano a Roma ufficialmente per ricoprire importanti ruoli istituzionali, ma anche per stare più vicino al mio uomo. Divenni da una parte interprete e divulgatrice dell’ideologia del fascio e dall’altra l’inseparabile amante. I rapporti tra noi due si intensificarono e ci incontravamo quasi ogni giorno nella mia prima abitazione romana di via Rasella. Poi quando Benito si trasferì a Villa Torlonia andai a vivere con mia figlia Fiammetta in un appartamento nelle vicinanze.

I tempi però stavano cambiando…

Già… Le trattative per il Concordato con la Chiesa consigliarono Mussolini di sposare in chiesa Rachele. Nel 1929 Rachele e i figli arrivarono a Villa Torlonia e solo l’abile regia del maggiordomo mi evitò di incontrare la moglie. Avevo ormai 50 anni, ero ingrassata e con un carattere non certo facile e Mussolini iniziò di nuovo ad abbeverarsi ad altre sorgenti più giovani e fresche.

Nel 1934 i rapporti con Mussolini si deteriorano rapidamente…

Una volta consolidato sempre più il proprio potere, il Duce non solo si alleò con il Führer, ma non esitò a fare tutto il possibile per liberarsi di me. Stavo diventano una figura troppo presente e ingombrante, attiva in campi d’azione considerati poco pertinenti al ruolo che la società fascista concepiva per una donna.

Cosa accadde?

Ripeto, a dividerci fu la svolta intransigente della politica fascista. Mi opposi con tutta me stessa all’avventura coloniale e all’alleanza con Hitler. Nel 1936 con una lettera privata lui mi fece intendere che non sarei stata più gradita a Palazzo Venezia.

Claretta Petacci prese il suo posto di prima amante….

Ma io ero già lontana! Dopo le leggi razziali nel 1938, mi allontanai dall’Italia per non essere travolta dal crollo del regime ed evitando così la tragica sventura che colpì Claretta. Dopo aver portato al sicuro in Svizzera le lettere di Mussolini, mi trasferii dapprima a Parigi e l’anno seguente raggiunsi mio figlio in Uruguay. Per sei anni rimasi in Sud America trascorrendo l’estate a Montevideo, da mio figlio Amedeo, e l’inverno a Buenos Aires

La sorella Nella Grassini Errera, rimasta in Italia, fu deportata con il marito e morì ad Auschwitz. Margherita Sarfatti rientrò solo nel 1947, a guerra finita e con il ripristino delle libertà democratiche. Trovò attorno a lei un’Italia ferita e desolata, che non esitò a metterla ai margini. Segno evidente di una vera e propria condanna morale verso una donna intelligente, che si era però compromessa, diventando la musa ispiratrice di Mussolini. Visse appartata nella sua villa di Cavallasca, sul lago di Como. La morte mise fine ad una vita sopra le righe, per certi versi tragica piena di contraddizioni, eccessi, desideri, incontri e scontri, e non ultimo quel rapporto col duce, un rapporto di amicizia, amore, passione sfrenata e infine di sofferta indifferenza. Se ne andò all’età di ottantuno anni, nel 1961.

 

L’INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA E’ STATA REALIZZATA  GRAZIE A:

https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_Sarfatti
http://www.storiadimilano.it/Personaggi/Ritratti%20femminili/sarfatti.htm
http://www.minerva.unito.it/Theatrum%20Chemicum/Pace&Guerra/Mussolini/MussoliniSarfatti
http://www.sulromanzo.it/blog/margherita-sarfatti-l-amante-ebrea-di-mussolini

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