Il giorno in cui il McDonald’s chiuse i battenti ad Altamura.

di Adele Porzia. Quest’estate, io e una mia cara amica avevamo in mente un folle progetto, che ci avrebbe tenute lontane per qualche giorno da Bitonto, dove viviamo da tanti anni (io un paio in più di lei). Un progetto a piedi, per l’esattezza, che ci avrebbe mostrato la bellezza della Puglia e della sua murgia, sino all’incantevole Matera. Un iter nell’entroterra, che ci avrebbe regalato molteplici esperienze. Ma, ahimè, visto che eravamo (e siamo) alle prime armi, il progetto cui speranzosamente ci siamo aggrappate per circa un mesetto, l’ultimo di una serie di progetti insoliti, siamo state costrette ad abbandonarlo, a causa della calura estiva e della scarsità di acqua che contraddistingue il cosiddetto “cammino materano”. Un cammino giovane, che è stato ideato e tracciato da un archeologo del barese, e la cui storia viene raccontata nel dettaglio in un bellissimo libro, scritto da un giornalista appassionato di cammini.

Si fa riferimento a La Via dei Sassi. Da Bari a Matera lungo il Cammino Materano, di Andrea Mattei, pubblicato presso Ediciclo Editore. Il libro era ben visibile nello stand della casa editrice, presso l’edizione di quest’anno della fiera di Più libri e più liberi, presso La Nuvola, nella zona Eur a Roma.
Tra le tante storie che Mattei racconta – e che sono divenute motivo di racconto e confronto tra me e la mia amica – vi è una che va necessariamente raccontata e che aumenta il fascino della città di Altamura, così come la florida tradizione del suo celebre quanto antico pane. Precisamente ventuno anni fa, né più né meno, Altamura fu territorio designato di una guerra tra l’innovazione e la tradizione, tra una multinazionale e una manciata di forni, piccoli baluardi contro un potente nemico, che ha milioni di filiali in tutto il mondo. Si sta parlando, naturalmente, del McDonald’s e, in particolar modo, della sua insospettabile chiusura nella culla del pane, che è Altamura. Ventuno anni fa, gli altamurani videro questa gigantesca M ergersi imponente nella zona antica. Una M, gialla, tanto grande da far spavento, si ergeva con i suoi hamburger a basso costo. Si pensava che il celebre fast food avrebbe spopolato o almeno lo pensavano i dirigenti.
E invece quella che pareva essere una sfida presto vinta si tramutò in un’impensabile disfatta. Il fast food fu costretto a chiudere e questo perché gli abitanti della città preferirono, in quel gennaio 2001, recarsi nei forni cittadini. Fu un’enorme vergogna per il noto fast food vedersi restituito quel guanto di sfida che aveva così boriosamente lanciato ad una cittadina, così fiera e legata alle proprie tradizioni.
La storia che vi vogliamo raccontare, in fondo, è una storia d’amore e per capire il perché il Mc Donald’s non abbia ttecchito ad Altamura si deve tornare parecchio indietro, all’attaccamento di una popolazione intera alle sue origini e alle sue tradizioni e, in particolare, a quel prodotto che l’ha resa celebre anche oltre i confini della nazione: il pane, la gigantesca pagnotta, un tempo impastata a mano dalle donne e cotta nel grande forno di pietra, vanto e ricchezza della gente di Altamura. Così grande perché quelle donne, impegnate nel lavoro domestico e nella cura dei figli, evitassero di recarsi al forno troppe volte nello stesso mese. E anche perché dal 1527, per utilizzare i forni pubblici si pagavano dei dazi. Fu così le massaie di Altamura cominciarono a fare pagnotte anche di dieci chili l’una.
Una tradizione rimasta radicata nel tempo, al punto che nel forno più antico e celebre della città – il Forno di Santa Chiara – ancora adesso Vito Macella, l’ultimo erede di una lunga stirpe di panettieri (Colonna, Popolizio, Fernandina, Carissimo e Macella) inforna pagnotte anche da dieci chili l’una, insieme alle focacce farcite, ricoperte di pomodoro, cipolla e olive. Focacce più alte e fragranti di quelle fatte a Bari. Infila la sua pala di legno nel forno di pietra e tira fuori, a ritmo forsennato, pane e focacce, che vanno letteralmente a ruba.
E non c’è pericolo che il pane diventi rancido dopo venti giorni, perché la scura crosta lo protegge e lo mantiene croccante e fragrante, serbando morbida la mollica al suo interno. Un’antica tecnica di preparazione, che viene trasmessa di generazione in generazione, rendendo il pane di Altamura unico al mondo. Il primo in Europa a ricevere il riconoscimento del marchio Dop, in quel 19 luglio 2013. La prima attestazione letteraria di questo pane risale a Quinto Orazio Flacco, il grande poeta vissuto in età repubblicana. Cresciuto a Venosa, in quel tempo colonia romana, il nostro famoso antenato torna in Puglia e scopre nuovi e inattesi sapori. Giunge nel Tacco d’Italia cercando l’otium – riposo e contemplazione – e invece trova dell’ottimo cibo e resta piacevolmente colpito, in quel 37 a.C., proprio dal pane altamurano.
Tant’è che in una lettera a un suo conoscente scrive, parlando di Altamura: “Vi si trova un pane eccellente, tal che in uso ha l’accorto viaggiante di caricarne il dorso”. Un pane take away, insomma, adatto ai lunghi viaggi, proprio per la sua straordinaria capacità di conservazione. Da molto, per l’appunto, considerato il pane del viandante. Orazio si era abituato al pessimo pane romano, fatto di farina d’orzo, secco e adatto ai soldati, che solevano mangiarlo con carne, olive, cipolle e fichi, nel tentativo di addolcirlo un tantino. Ed ora finalmente aveva mangiato un pane come si deve, scoprendo quanto dolce fosse la cucina della sua terra. E sicuramente l’aveva provato con olive, cipolle e con le uova, in un miscuglio deliziosissimo che gli altamurani ancora oggi chiamano ‘cialledd’.
Proprio qui, in questa terra così legata al suo pane, così orgogliosa della sua creazione più celebre, il colosso McDonald’s tentò, vent’anni fa, quella colonizzazione tragicamente fallita. E tutti in città ancora oggi raccontano la disfida di questa celebre multinazionale e celebrano la grande vittoria. Gli abitanti di Altamura vedevano questa M splendente e tiravano dritto verso i forni cittadini. Era un’operazione tanto sciocca da non rappresentare una seria minaccia. Perché in un paese fondato sul pane, qualcuno avrebbe potuto pensato di venire a vendere panini bianchi e mollicci? La grande multinazionale non superò la concorrenza locale e nel giro di qualche mese fu costretta ad abbassare le saracinesche. Anche questa volta, Davide ha sconfitto Golia, servendosi dei suoi tanti forni.
E fu probabilmente per questa vittoria che ancora oggi vediamo affissa, qua e là, una nota Celebrazione del pane, risalente al periodo fascista: “Italiani! / Amate il pane / cuore della casa / profumo della mensa / gioia dei focolari. / Rispettate il pane / sudore della fronte / orgoglio del lavoro / poema del sacrificio. / Onorate il pane / gloria dei campi / fragranza della terra / festa della vita. / Non sciupate il pane / ricchezza della Patria / il più soave dono di Dio / il più santo premio alla fatica umana”.

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