Se non si mettono più soldi nella busta paga degli italiani, se non si sgravano le piccole e medie imprese dai gravosi oneri fiscali e dall’asfissia di una burocrazia vecchia, inutile e perniciosa, i consumi continueranno a diminuire, le aziende a chiudere bottega e a sfornare anziché prodotti nuovi e competitivi solo altri disoccupati!
Se non si agisce presto e come si deve sul reddito degli italiani, il più basso dell’eurozona a fronte di una tassazione senza precedenti, il Paese muore!
Confindustria e le associazioni di categoria della parte produttiva del Paese sembrano averlo capito e scendono in piazza per chiedere al governo di darsi una mossa.
Il sindacato nicchia, aspettando e sperando nel prossimo governo e poi ancora in quell’altro che verrà.
Ma l’Europa non aspetta. E non certo per spirito umanitario o per il bene degli italiani, ma per il timore che il Belpaese non ce la faccia a pagare alla Troika le prossime bollette. La Ue impone un tavolo contrattuale e detta le condizioni: l’Italia deve spostare la sua politica del lavoro “tutelando maggiormente il reddito dei lavoratori e meno il posto di lavoro in sé stesso e migliorando la rete di supporto sociale”. Lo scrive l’Ocse nel rapporto ‘Going for growth’ – Obiettivo crescita – in cui chiede anche di “abbassare il cuneo fiscale e il costo minimo del lavoro”, “riformare l’educazione professionale”, “combinare con efficienza tutti gli elementi di supporto e attivazione, in particolare il training e le agenzie di collocamento, previste a livello regionale, con la fornitura dei sussidi che avvengono invece a livello nazionale”, “lavorare sulle carenze dei mercati finanziari” e “ristabilire bilanci sani nel settore bancario” per il rilancio dell’economia.
L’Italia ha fatto “qualche passo avanti” su riforme strutturali e liberalizzazioni, ad esempio sugli orari dei negozi. Ma “servono ancora sforzi ulteriori”. Ribadisce l’Ocse. In particolare, per Italia, Grecia e Spagna “rimane valida la raccomandazione di liberalizzare le professioni chiuse”. Per migliorare la competitività, secondo l’Ocse l’Italia deve poi “ridurre le barriere alla concorrenza, aumentando l’applicazione della legge a tutti i livelli, riducendo la proprietà pubblica e i ritardi della giustizia civile”.
Resta prioritaria la necessità di ridurre la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione in Italia è ormai “a doppia cifra”, e per ora non ci sono segni di “inversione” imminente della tendenza all’aumento. “Diversi anni di consolidamento fiscale – scrive l’organizzazione – aggiustamenti nei bilanci del settore privato, bassa fiducia e disponibilità di credito ridotta hanno lasciato l’Italia con un tasso di disoccupazione a due cifre e nessun segno di un’inversione rapida e autosufficiente”. A preoccupare l’Ocse è in particolare la disoccupazione di lunga durata (un anno o più), che con la crisi è inesorabilmente aumentata: nel 2011 riguardava già oltre la metà dei senza lavoro italiani, il 51,9%, e nel 2012 ha toccato quota 53%.
UNA PIU’ EQUA REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA E’ POSSIBILE.
STIPENDI PIU’ DIGNITOSI PER TUTTI SONO POSSIBILI.
DICIAMO BASTA AGLI STIPENDI D’ORO DELLA CASTA!
BASTA DISUGUAGLIANZE!
BASTA INGIUSTIZIE E PRIVILEGI!
BASTA LAVORATORI DI SERIE “A” E LAVORATORI DI SERIE “B”!
BASTA STIPENDI D’ORO: A PARITA’ DI REQUISITI, PARITA’ DI RETRIBUZIONE IN TUTTA LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE!
NON E’ PIU’ ACCETTABILE CHE UN DIPENDENTE DEL QUIRINALE, DELLA CAMERA O DEL SENATO GUADAGNI CINQUE, SEI VOLTE DI PIU’ DI UN IMPIEGATO DEL CATASTO CON PARI REQUISITI.
E’ INACCETTABILE PER GLI STESSI DIPENDENTI PUBBLICI.
E’ INACCETTABILE PER I CITTADINI CHE LI PAGANO A FRONTE DI TASSE SEMPRE IN AUMENTO E SERVIZI SEMPRE PIU’ CARENTI.
E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI RIDURRE SPRECHI E PRIVILEGI.
MIGLIORIAMO L’EFFICIENZA E L’EFFICACIA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
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