Dove abbiamo sbagliato in Afganistan?

di Attilio Runello. La debacle delle istituzioni e dell’esercito per cui sono stati spesi decine e decine di miliardi in Afghanistan deve porre una riflessione: non serve a niente andare con le armi in un paese con il nostro atteggiamento tipicamente occidentale di chi vuole riproporre la propria gerarchia di valori. Bisogna capire quali sono le loro tradizioni, i loro costumi e per quanto possibile rispettarli. Il sistema democratico da noi proposto si è rilevato un sistema corrotto. La costituzione di un esercito secondo i nostri canoni non ha funzionato.

Ne abbiamo tratto la conseguenza che non vogliono battersi per la democrazia. E allora perché dobbiamo aiutarli?

Le manifestazioni di questi giorni in Afghanistan dimostrano che non vogliono che venga cambiata la bandiera del loro paese. E per la loro bandiera non sfidano la prigione, ma le pallottole.

Inoltre se è vero che i talebani hanno conquistato tutte le principali città è anche vero che le sacche di resistenza rimangono. E sono sacche di resistenza organizzare su base etnica e non nazionale. C’è una resistenza dei tagiki, dell’eredità dell’alleanza del nord. Si tratta di una minoranza che occupa territori montagnosi difficili da andare a conquistare.

Poi c’è una resistenza hazera, un’altra minoranza di religione sciita, di origine mongola che a quanto sembra non ha quella tradizionale differenza di genere fra uomini e donne e che arruola soldati per difendere i propri villaggi. E infine sembra esista anche una resistenza di una minoranza uzbeca, di lingua turcofona, che le truppe turche della Nato si sono preoccupate di organizzare ed armare.

Bisogna poi tener presente che da un rapporto Ispi, centro di ricerca di relazioni internazionali sembra che i rapporti fra talebani e Al Quaida  non sono mai stati interrotti.

E quindi appena andiamo via portandoci in Europa o negli Stati Uniti quel personale più in pericolo ma anche più vicino alla nostra mentalità potrebbero ritornare ad ospitare i terroristi internazionali, che non hanno mai lasciato del tutto il paese e in ogni caso trovano facilmente accoglienza anche in Pakistan. E quindi fanno bene i nostri governanti a incontrarsi ai vari livelli di Ue, G7, G20 per individuare una strategia comune.

Anche il fenomeno di coloro che assaltano l’aeroporto per scappare è un’altra grave forma di non gradimento del regime talebano, per usare un eufemismo.

Alcuni commentatori occidentali si sono fatti ingannare dai toni conciliante tenuti dai capi talebani durante la conferenza stampa cui avevano invitato diversi giornalisti. Non vogliono avere atteggiamenti di vendetta nei confronti di tutti quelli che obbediranno alla sharia, nella loro interpretazione. Ma non saranno clementi con coloro che non si adeguano. E infatti hanno sparato sulle folle che non accettano la bandiera dell’emirato islamico. E a scanso di equivoci hanno precisato che non portano la democrazia.
I toni concilianti derivano anche dal fatto che loro possono fare da esercito e polizia, ma il resto dell’apparato dello Stato lo deve costituire chi lo sa fare.
E comunque dalle notizie che arrivano vanno a cercare casa per casa quelle persone che ritengono troppo compromesse con gli stranieri.

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1 Response

  1. Flavio Ezio ha detto:

    A mio avviso ogni volta che ci si intromette a casa degli altri si sbaglia:
    Saddam Ussei, Gheddafi,…, i risultati: Peggio di prima e milioni di persone in fuga.

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