Dalla società dell’immagine all’era tecnocratica.

di Salvatore Santoru. Secondo molti opinionisti la società occidentale sta andando verso una forte deriva tecnocratica. Difatti ogni aspetto della vita sociale e non è sempre più fortemente pianificato, regolato, razionalizzato e succube della logica utilitaristica dell’efficienza ad ogni costo e della prestazione, veri e propri dogmi moderni. La creatività, la riflessione e dulcis in fondo la libertà vengono costantemente ingabbiate dentro determinati e ristretti spazi
e attaccate nella loro essenza in quanto scomode in una società dove contano solo i risultati che si ottengono aldilà dei mezzi usati. Tutto ciò si riflette nella crisi della cultura umanistica, considerata “inutile” in quanto scarsamente remunerativa economicamente e socialmente: infatti il pensiero critico e magari indipendente è un bell’ostacolo a qualsivoglia realizzazione uniformante della società. Proprio poche settimane fa lo studio della filosofia è stato eliminato dai corsi di laurea in pedagogia e scienze dell’educazione ed è stato deciso di ridurla di un’anno nei licei, e l’obiettivo è di eliminarla totalmente come è stato fatto anni fa in Francia e Spagna, visto che si deve seguire l’andazzo europeo, e appunto come è noto la stessa Ue è basata sulla tecnocrazia. Inoltre si assiste sempre più spesso alla standardizzazione e omologazione di tutto ciò che vada oltre questioni puramente commerciali o tecniche: per fare un esempio, la musica mainstream è sempre più uniformizzata, catalogata dentro rigidi schemi, confezionata, impacchettata e sottoposta alla dittatura del marketing e ai diktat della società dell’immagine, tanto che gli artisti tanto acclamati dalla massa molto spesso non sono altro che venditori di illusioni totalmente fabbricati ad arte dalle grandi major, e questo processo sta interessando sempre di più anche il fenomeno delle “sottoculture”, sempre di più rispondenti a determinati criteri indispensabili per mantenere in vita il teatrino delle “distrazioni di massa”.

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