Città sporche e apatiche. Ma proprio dalle città deve ripartire la rinascita del Paese!

E’ vero che c’è la crisi, ma la penuria di risorse economiche non basta da sola a giustificare la brusca e preoccupante battuta d’arresto delle politiche ambientali urbane riconducibile soprattutto all’incapacità di fare buona amministrazione. Nell’insieme dei capoluoghi italiani, ad esempio, torna a crescere l’inquinamento atmosferico, senza contare l’inefficienza energetica e quella del trasporto pubblico, messo sotto pressione dai tagli e incapace di attrarre passeggeri. Non crescono inoltre le isole pedonali, le zone a traffico limitato e le reti ciclabili urbane.
È questo il quadro che emerge dalla XXª Edizione di Ecosistema Urbano, la ricerca sulla qualità ambientale di Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore: “un Paese pigro, apatico, che ha smesso di credere nel cambiamento!”.
E non c’è da stare allegri nell’apprendere che le migliori 11 città italiane sono quelle che raggiungono a stento la “sufficienza ambientale” con 60/100 di punteggio, quando invece rispettando solo i limiti di legge il punteggio sarebbe dovuto essere prossimo ai 100!
Le migliori 3 città. Sul podio delle migliori città Venezia per le grandi, Trento per le medie e Belluno per le piccole, tenendo presente che si tratta di capoluoghi che ottengono punteggi di poco superiori ai 60/100. La sufficienza, quindi, in un panorama, purtroppo, di generale mediocrità.
Le peggiori 3 città. Tra le peggiori invece troviamo un trittico tutto siciliano: Catania, per le grandi città, Siracusa per le città medie e Caltanissetta per le città piccole.
Traffico e smog. L’inquinamento atmosferico resta ancora a livelli di emergenza. Se scendono leggermente le media delle concentrazioni di Pm10 e di NO2, nell’insieme dei centri urbani sono invece in aumento i giorni di superamento dei limiti per l’O3 e il numero delle città che non rispettano i limiti per la protezione della salute umana fissati per l’ozono. Non si ferma la crescita del parco auto circolanti (64,2 ogni 100 abitanti) e contestualmente prosegue il declino del trasporto pubblico urbano: i viaggi effettuati in media annualmente con i mezzi pubblici dagli abitanti dei capoluoghi di provincia scendono da 83 a 81. Congelati gli indici dedicati a zone a traffico limitato, isole pedonali e ciclabili.
Risorse. Le città continuano a disperdere in media più di un terzo dell’acqua potabile immessa in rete (il 32%) e l’efficienza della depurazione migliora di uno “zero virgola” alla volta (oggi viene trattato l’89,6% dei reflui fognari, l’1,6% in più di un anno fa). Cala la produzione di rifiuti solidi urbani, soprattutto a causa della contrazione dei consumi, e restano praticamente stabili le quote della raccolta differenziata, che passa dal 38% al 39,3%. In questo settore solo nove le città raggiungono il target del 65% imposto dalla normativa per il 2012 e quasi tutte le grandi città non hanno raggiunto nemmeno quell’obiettivo del 35% che i Comuni avrebbero dovuto rispettare già nel 2006.
Dove lavorare. Trento e il Trentino Alto Adige sono le location migliori per trovare lavoro: con il più basso tasso di disoccupazione totale (51%) e per i giovani (15,2%), con il divario più virtuoso donna /uomo (+1,2%) e tra disoccupazione totale e giovanile. Per quanto riguarda invece i manager la regione che offre più chance è la Lombardia.
Insomma brutte notizie dal rapporto “Ecosistema Urbano” per le nostre città. Da Milano, sempre ostaggio dello smog, a Roma dove cresce il numero di auto private, a Palermo dove si depura meno dei 2/5 delle fogne, il rapporto di Ecosistema evidenzia l’esasperante incapacità con cui molte città affrontano questioni chiave. Eppure esistono realtà positive nel Paese a testimoniare che soluzioni in grado di offrire una migliore qualità della vita alla cittadinanza esistono e sono praticabili. E’ il caso della raccolta differenziata di Novara o di Salerno, delle politiche sull’energia e sulla mobilità di Bolzano, della solarizzazione delle scuole di Bergamo o della moderazione della velocità in un intero quartiere di Torino. Se è vero che la stragrande maggioranza delle città italiane sono inquinate, sporche, dissestate, esposte a rischio sismico e idrogeologico, in forte ritardo rispetto all’erogazione dei servizi, è pur vero che da qui bisogna ripartire per trovare soluzioni e migliorare la qualità della vita per milioni di cittadini. Bisogna solo avere il coraggio di abbattere per ricostruire, rigenerare interi quartieri, recuperare edifici e dare casa, in affitto e a prezzi accessibili, a chi ne ha bisogno fermando il consumo di suolo e restituendo al verde suolo oggi impermeabilizzato. Bisogna pensare un modo nuovo di usare le risorse e l’energia, di organizzare la mobilità, con spazi pubblici più sicuri, più salutari e meno alienanti, immaginando la città come luogo dove si realizzano le condizioni per favorire le relazioni sociali, il senso del vicinato, del quartiere, della comunità. Proprio dalle città occorre ripartire, con politiche lungimiranti che sappiano raccogliere la sfida del cambiamento per un nuovo stile di vita, per far rinascere un Paese pigro, apatico, che ha smesso di credere nel futuro e di sperare che “il cambiamento” è ancora possibile. Ma per cambiare, bisogna volerlo davvero e volerlo tutti insieme! 

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