Che cosa aspetta Forza Italia a ripensare il centrodestra e il M5s a fondersi con la Lega?

Risultati immagini per Il perenne leone Berlusconidi Paolo Cirino Pomicino. I risultati elettorali pongono a tutti alcune domande che non potranno rimanere senza risposte. La prima delle domande riguarda la linea che assumerà Forza Italia dopo la sua sconfitta elettorale anche alla luce dei successi dei suoi alleati negli enti locali, la Lega di Salvini e il partito della Meloni. Continuare a sentire la litania che i suoi dirigenti hanno fatto anche in campagna elettorale in cui si è chiesto a Salvini di lasciare l’alleanza di governo con i 5 stelle e ricomporre a Roma quell’alleanza di tutto il centro destra che governa già oggi moltissime regioni a cominciare da quelle più forti è diventato stucchevole.

Forza Italia sembra abbia perduto la capacità di ascolto e di non accorgersi che continuando a dire che la sua strategia è l’alleanza con Salvini senza alcuna alternativa per quale motivo Salvini dovrebbe cambiare la propria rimettendo dentro il governo un partito in via di estinzione? Moltissimi elettori di Forza Italia, non a caso, son passati a Salvini facendo un ragionamento semplice, se dobbiamo andare sempre con Salvini ci vado direttamente votandolo senza aspettare che mi ci porti Forza Italia. I più esperti dei fondamentali della politica questa cosa la sanno ma molti forse l’hanno dimenticata.

E la Meloni oggi lo dice in maniera esplicita immaginando un governo di destra senza alcun centro, pronta poi ad accogliere e ad omologare nel suo partito tanti centristi come Fitto che ha smarrito la propria memoria storica e il proprio impegno antico e quello della sua famiglia parafrasando un vecchio detto napoleonico, Bruxelles val bene un cambio di casacca.

Infine c’è un dato politico ineludibile. Forza Italia è l’unico membro del partito popolare europeo a praticare un’alleanza con la destra oggi addirittura maggioritaria nella coalizione di centro destra italiano. Cosa impedisce a Forza Italia di fare ciò che già fa Salvini, l’alleanza in periferia con tutto il centro destra e mano libera a livello nazionale. Forza Italia si dichiari e faccia la stessa cosa iniziando un cammino diverso e vedrà come recupererà quel voto centrista che è molto più diffuso di quel che si crede e che oggi altro non ha che un’offerta da un partito di destra che pratica un nuovo autoritarismo nascosto dal finto buon senso e da una cattolicità tanto ostentata quanto falsa.

Il perenne leone Berlusconi vedrà lui stesso nei contatti che avrà a Bruxelles come le destre nazionaliste non hanno alcuna alleanza con i popolari e quando uno dei suoi membri come Orbán pratica una linea diversa dal PPE viene subito ibernato.

Altra domanda a Salvini è d’obbligo. Sino a quando questo governo continuerà nella sciagurata strategia dell’isolamento internazionale fibrillando i rapporti nell’eurozona con danni economici e finanziari che da un anno a questa parte colpisce l’Italia e minacciando di continuo fuoco e fiamme contro l’Europa ed i suoi vertici? È forse questa una nuova ed originale politica del buon senso o rischia di scivolare verso un bullismo provinciale che non si addice né al primo partito e men che meno ad un uomo di governo presidente in pectore del nuovo esecutivo di un grande paese come l’Italia.

Una domanda va fatta anche al PD ed ai suoi vertici. Il successo elettorale ancorché non ancora competitivo fino in fondo è certamente una chance per un nuovo inizio che necessita di un allargamento del perimetro elettorale visto che anni fa si preferì unire due culture diverse in un solo partito piuttosto che rafforzare un’alleanza strettissima tra le stesse. Oggi più che mai serve costruire un pensiero politico nuovo e compiuto capace di offrire una risposta complessiva e comprensibile alle nuove sfide del terzo millennio. Le due culture di fondo che animano sotto traccia la vita del PD hanno la forza culturale per approdare a questo nuovo pensiero non solo con lo sguardo all’Italia ma anche all’Europa ed all’intero pianeta sul quale soffiano venti terribili. Sarebbe infatti un errore limitarsi ai soli problemi organizzativi che pure sono essenziali per controllare un disordine periferico in particolare nel mezzogiorno nel quale pur guidando alcune grandi regioni i risultati non sono all’altezza delle altre regioni.

Infine una domanda provocatrice a Di Maio, fino a quando dovremo aspettare dopo questo disastro elettorale per vedere la fusione con la Lega visto il comune modello autoritario di partito ed una sintonia legislativa più forte del presunto dissidio tipico della commedia dell’arte?

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