C’è aria di rivolta tra la ‘genteperbene’ e non solo a Genova.

di Grazia Nonis. Non c’era bisogno della palla di vetro, di qualche geologo o idrologo per prevedere che la stagione delle piogge, associata a opere di messa in sicurezza mai eseguite, avrebbe fatto straripare fiumi e torrenti distruggendo anime e case. Il tutto a cadenza, così come avviene per gli anniversari di un lutto o di una catastrofe. L’ultimo dramma, fotocopia di ciò che è successo in questi giorni, è di soli tre anni fa. Ma nulla è stato fatto e gli appalti e i lavori restano ancora sulla carta.
E’ bastato il ricorso di qualche impresa esclusa dall’assegnazione delle opere per bloccare “fiumi” di denaro. Poi si è partiti coi controricorsi, il “tocca a me, no tocca a te” delle competenze tra i vari Tar, quello della Liguria e poi quello del Lazio che ribalta il verdetto di quello ligure. Finalmente si sbloccano i soldi, ma la solita lassista “ingiustizia amministrativa” ha continuato a ronfare e ad oziare rendendosi complice di politici e burocrati che hanno una sola cosa in mente: poltrona, stipendio e vitalizio. I servizi televisivi sono scioccanti e toccano il cuore di noi impotenti che assistiamo al dramma dal salotto delle nostre case. Tonnellate di fango ed acqua trascinano auto e case, ma soprattutto vite, ricordi e storie di un passato che crolla su un presente di disperazione e un futuro col punto di domanda. La rabbia monta quando si vedono persone vagare senza un punto di riferimento, senza che nessuno dica loro dove andare e cosa fare aiutati solo, e per fortuna, da volontari e gente comune che porta pale per spalare e speranza per risorgere. Non è demagogia sperare o esigere la presenza dei nostri onorevoli ministri là, tra i genovesi, a fare mea culpa con gli stivali alle ginocchia e il secchio in mano da riempire col fango. E non lo è neanche pensare che questi bravi parolai della politica rinuncino, una sola volta nella loro vita, ad uno stipendio da donare alle vittime di uno Stato dalle opere incompiute, e leader indiscusso dello scaricabarile. E’ penoso dover assistere ai vari Caino che s’accusano l’un l’altro, e vomitevole sapere che nessuno abbia pagato ieri, paghi oggi o pagherà in un prossimo futuro. E allora, se il colpevole non si trova e certi che anche in questo caso non si troverà, dovremmo esigere le dimissioni di massa di questa casta che fa promesse mai mantenute e che è rea e responsabile di non cacciare a pedate i criminali che hanno contribuito a questa distruzione. E ai metereologi che non hanno saputo prevedere l’insolita bomba d’acqua chiediamo, almeno per un po’, di non triturarci i marroni con i disegnini sulla provenienza delle perturbazioni, il barometro e le spiegazioni scientifiche sull’alta o bassa pressione. Noi preferiamo affidarci al metodo della nonna, quello del cielo a pecorelle – acqua a catinelle o ai dolori alle giunture o ai calli dei piedi. Basta meteorologia fasulla e inutile che imperversa in radio e tv a tutte le ore. 
C’è aria di ribellione e di rivolta tra la gente per bene, e non solo a Genova. Siamo ad un passo da quel qualcosa che noi, miti e ligi al dovere, non ci saremmo mai sognati anche solo di pensare ma che piano piano si sta insinuando nelle nostre menti: la disubbidienza civile di massa contro i vari governi che s’avvicendano l’un l’altro, sempre incapaci di stare dalla parte del cittadino ma bravissimi a tassare, bastonare e mettere a cuccia i “sudditi”. Mettiamoci il cuore in pace perché a Genova, dove era già tutto previsto, niente cambia e niente cambierà. Diffidiamo dagli illusionisti con la faccia contrita, la giacchetta nuova e lo sguardo tonto che promettono mari e monti già sapendo di mentire. Li temiamo perché ci vorranno fregare con le parole sparando bufale più grosse di loro. E non stupiamoci se qualche polidiota arriverà a suggerire ai genovesi di costruirsi un’arca, così come fece Noè ….

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