Ape: chi ci rimette sono i lavoratori!

La politica s’intestardisce, secondo alcuni, sul tema di prepensionare chi un lavoro già ce l’ha, invece di destinare risorse all’aumento della produttività la cui stagnazione ventennale è il problema numero uno dell’Italia e di attuare politiche attive dell’occupazione per chi un lavoro non ce l’ha. D’altro canto c’è chi, invece, sostiene al tesi altrettanto valida che se non si mandano in pensione i lavoratori più anziani non si libereranno mai nuovi posti di lavoro. Il governo Renzi risponde con l’Ape (Anticipo pensionistico) che prevede un “prestito pensionistico” per tutti, o comunque per una platea di lavoratori il più possibile ampia. Sembra essere questa la linea di Palazzo Chigi sul fronte della flessibilità in uscita,
tema tra i più delicati della prossima manovra autunnale. Il governo fa sapere che l’anticipo della pensione potrà essere richiesto da coloro a cui manca anche un pò di più di tre anni alla maturazione della pensione di vecchiaia: si arriverebbe a 3 anni e 7 mesi. Ed è ormai stata definita pure la scelta di ammettere a questa opzione oltre ai dipendenti privati quelli pubblici ed anche i lavoratori autonomi. Il governo ha quantificato una potenziale platea di 150 mila interessati per ciascuna annualità di nascita: si inizierà il prossimo anno con i nati nel 1951, 1952 e 1953. Il Sole24Ore ha reso pubblica una analisi dell’Upb, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio che ha analizzato il costo delle varie opzioni. Secondo l’Upb, l’Ape porterebbe vantaggi solo alle casse statali, non ai lavoratori che sarebbero penalizzati da questo nuovo strumento. Non è un mistero per nessuno che il Governo pensi all’Ape perché è la soluzione migliore tra quelle studiate per conciliare conti pubblici e necessità dei lavoratori. Non potrebbe essere diversamente, per una misura che consente ai lavoratori di andare in pensione di vecchiaia con 3 anni di anticipo rispetto ad oggi, ma che eroga una pensione in prestito. Infatti, la pensione, anche se pagata dall’Inps ogni mese, di fatto è anticipata ai lavoratori da un finanziamento bancario, finanziamento differito potremmo dire perché dopo i 3 anni di anticipo, il pensionato dovrà iniziare a pagare mese per mese la rate del prestito. Alla fine dei conti, raggiunti i 66 anni e 7 mesi consoni e sufficienti per la pensione normale, ai pensionati resterebbe la rata come taglio alla pensione quasi a vita, essendo prevista la restituzione del prestito in 20 anni. Operazione tutta a carico dei pensionati, sicuramente conveniente per il Governo che non spenderebbe nulla o quasi. Infatti, i soldi stanziati serviranno a finanziare la pensione per i soggetti disagiati e le pensioni più basse, con lo Stato che si accollerà l’onere della restituzione applicando ai pensionati delle detrazioni fiscali ad hoc che risponderanno all’esigenza di non impoverire ulteriormente soggetti già poveri. “Con Api si vola”! Recitava un vecchio spot. Renzi gli fa il verso e “Con Ape ti sola”!

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