Adesso io vivo così…

di Marina Serafini. É notte, e ancora non riesco a dormire. Ho traversato il giorno senza mai sostare: ho cucinato, ordinato, camminato, sorriso e corrugato la fronte. Pensieri e dense emozioni hanno catturato la mia persona in alternanze corpose. E poi ho incontrato la sera, senza sapere come e nemmeno il perché. Ad un tratto il cielo si é scurito, ed i viali, dove più e dove meno, sono stati violati da fasci di luce severa.

La sera in una città, una tra le tante location in cui si svolge questa strana esistenza.

Da qualche mese io vivo in campagna. In una casetta circondata dai campi, custodita da antichissime querce, profumata da acacie spinose ed ornata da frutti selvatici. La notte i cinghiali raspano tra le fronde, scavando il terreno e solcando la quiete con i loro rumorosi sospiri. Di giorno stormi di uccelli attraversano il cielo lassù, e ghiande nutrite atterrano sul mattonato che costeggia il giardino. Timidi funghi si affacciano tra i folti germogli, ed un odore di terra matura mi inebria al mattino, quando il cielo si accende per gradi fino a mostrare, orgoglioso, l’incendio dell’alba.

Così ha inizio la mia giornata. 

Spalanco le finestre e sorrido a tutta la vita che mi circonda: i custodi della mia nuova esistenza. Saluto il ciliegio, che ho liberato da quelle pungenti formiche e dalle liane asfissianti, annidate tra i rami e sul tronco rossastro; sorrido al bel fico, i cui rami nodosi strutturano la chioma complessa, così ampia, e si estendono giù verso me, come arti graziosi protesi ad accogliere la mia ammirazione; e poi omaggio la grande quercia che domina tutto, dalla sua alta postazione, con le foglie che brillano al mattino di una luce dorata, spioventi verso il basso e indisciplinate, come i riccioli lenti che mi cospargono il capo.

In questo luogo, dovunque mi giro io vedo la vita: dal ragno che fila paziente, legando la sua piccola preda, all’animaletto ritroso, che si ė infilato sul prato per mangiare i residui caduti dei frutti. Se ne stava immobile tra i fili verdi, guardandomi dal basso come a scusarsi, con i suoi occhioni luminosi e cerchiati di scuro… Osservo le api che si poggiano a terra per bere in una giornata di sole, ed il piccolo geco che ha scelto il soffitto della mia cucina come ostello notturno.

Vedo la palma spintonata dal vento, e mi arrivano i versi del cavallo che vive oltre il muretto. Il vento e la pioggia, e quando arriva la nebbia, ad imbiancare lo spazio in maniera quasi uniforme, attutisce tutti i rumori e fa apparire tutto irreale.

Respiro finalmente un’aria che a me si confà, intanto che guardo lontano, tra i campi e verso quel piccolo lago che riflette i colori del cielo, e mi dona una calma ancestrale. Indosso i miei scarponcini e mi addentro nel verde: raccolgo cicorie, foglie di salvia e bacche odorose, e come un animale selvatico riempio la mia casa di questi bottini, li sistemo per fare colore, per nutrirmi e per scaldare il mio cuore.

Adesso io vivo cosi, circondata da amici che non sanno tradire, che vivono solo se stessi curando anche me, offrendomi doni preziosi e contribuendo a creare l’ambiente in cui provo piacere. E mi confondo con loro, lisciandone i rigidi tronchi, carezzando le foglie nervose, assorbita dal naturale andamento, un po’ lento, armonioso e sorprendentemente accogliente.

In estate ho levato gli spini che oscuravano il sole e raccolto i frutti succosi che mi si offriva dai rami. E adesso che é autunno osservo le foglie cadere, arrugginite e indurite, che strisciando via sul terreno a causa del vento. I tronchi rimangono spogli e si espongono fieri nella propria maestà. Mi piace osservarli, con tutte le loro ferite, mi piace toccarli e provare quella forte emozione che mi si gonfia nel petto e che sale più su, verso l’alto. Loro sono dei veri guerrieri: difendono la propria esistenza intanto che il mondo gli cambia d’intorno. Si piegano un po’, cercano il sole e frugano in basso, in cerca del nutrimento migliore, ma rimangono fermi, tra il cielo e la terra, piantati in un mondo che cambia e si espande con arroganza impietosa. Chi di loro é capace resiste, si adatta e diviene più forte e più bello. Un po’, forse, come accade a noialtri….

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4 Responses

  1. antonia fr ha detto:

    Tutti noi viviamo male in questo mondo consumistico governato dal profitto e che ha come suo unico dio il denaro! Bisogna tornare alla terra e ai suoi valori per cercare di vivere meglio!

  2. cinzia pacucci ha detto:

    Rispetto. Una parola dal significato troppo importante. Rispetto per l’uomo. Rispetto per la donna. rispetto per il diverso. Rispetto per chi la pensa in modo contrario al nostro. Rispetto dell’altro. Rispetto delle regole. Rispetto della natura. Insomma, R I S P E T T T O !!!!!

  3. Marina ha detto:

    Gentile Paolo,
    La nostra società non é amministrata peggio di altre. E questo non é certo un modo per rispondere al suo quesito. Piuttosto direi un modo per riportare l’attenzione sull’uomo, che ha perduto, cosi pare, il contatto con la natura reale di se’ e di ogni vivente. I fatti da lei descritti rivelano questo: una mancanza totale di comprensione e di appartenenza ad un mondo che ospita altro rispetto al bieco potere, all’arroganza, all’errore e alla malversazione. Esiste molto di più su questo pianeta, e dovremmo tornare a parlare con gli alberi per poterlo capire. Loro hanno fatto la storia e ci conoscono meglio di quanto non sappiamo fare noi stessi.

  4. paolo ha detto:

    Io in questo paese…VIVO MALE!
    Che razza di paese è, quello dove un tizio che è stato un pluri premier e che aspira alla carica di Presidente della Repubblica, quindi primo cittadino e supremo rappresentante del diritto e della legalità, chiamato dal giudice a testimoniare sul processo che indaga i “rapporti tra Stato e mafia”, risponde (testuale) ” su suggerimento dei miei avvocati mi avvalgo della facoltà di non ripondere”. Cosa ha da temere questo tizio, il cui sodale, fondatore del partito che ha retto le sorti di questo paese per decenni, è in carcere per connivenza con la mafia ? Ma soprattutto, come è possibile che ci sia ancora qualcuno disposto a seguirlo.

    Che razza di paese è, quello dove una signora novantenne che ha subito l’orrore dei campi di concentramento nazisti e che ancora porta sulla propria pelle il marchio indelebile delle atrocità peggiori commesse dal genere umano, fatta oggetto di minacce di morte, si sente dire da un tizio qualsiasi, senza arte né parte che però ha ambizioni di diventare premier, ” anch’io sono fatto oggetto di minacce quotidiane … ma io ho le spalle larghe “.(?!!).

    Che razza di paese è, quello dove se rubi centinaia di migliaia di euro, fino ad un massimo di un milione di euro, frodando il fisco e quindi mettendo le mani in tasca ai tuoi concittadini, sei ” scudato ” da sanzioni penali e quindi non rischi il carcere. Mentre chi ruba due bottiglie al supermercato si becca quattro anni e sei mesi di carcere. Allora perché non stabilire anche uno “scudo penale” per chi effettua furti nelle abitazioni di valore “modico ” o comunque non superiore ad un tot. Perché, se ruba il ricco è altra cosa se ruba un povero? E’ questa la massima “la legge è uguale per tutti “, che è appesa nei tribunali?

    Che razza di paese è, quello dove nello sport nazionale ovvero il calcio, sai che diventare i primi della classe può essere cosa ben diversa dal meritarselo, ma magari perché forse sei ” più uguale degli altri”. E soprattutto di fronte a scandali che hanno messo a nudo un mondo indecente, come mai ci siano moltitudini di individui per i quali contano solo ” il numero di scudetti vinti “.

    Che razza di paese è, quello dove i “grandi ” giornalisti, le grandi firme che “fanno opinione”, quelli che stampano i loro volti tutti i giorni e a tutte le ore sugli schermi televisivi, innondandoci delle loro ” verità sui fatti “, invece di onorare al meglio il proprio ruolo a servizio dei cittadini, si accodano supinamente al potere e diventano portatori insani della peggiore faziosità. Al punto da non saper più distinguere se chi parla è un giornalista oppure un politico, con l’aggravante che molti politici sono anche giornalisti e viceversa.

    Che razza di paese è, quello dove un tizio che all’età di quindici anni ammazza un metronotte e poi da adulto ammazza tre carabinieri ad un posto di blocco, esce dal carcere per “premio di buona condotta” e nel sottopasso di una stazione sferra una coltellata al primo malcapitato per derubarlo. Ma soprattutto, chi è il giudice di sorveglianza che ha consentito una cosa del genere e perché rimarrà al suo posto, come altamente probabile per non dire certo.

    Che razza di paese è, quello che se vuoi avere i consensi degli elettori devi tenerti alla larga da minacce tipo ” lotta vera all’evasione e alla corruzione”, che suonano come un allarme rosso alle orecchie di un popolo che per decenni ha metabolizzato queste negatività come valori fondanti per una ” sana convivenza “. Un paese con poche decine di “colletti bianchi”, ovvero boiardi di Stato, che scontano pene, seppur minime e con tutti i riguardi del caso, in carcere a fronte di una malvessazione generale da record mondiale assoluto.

    Che razza di paese è, quello dove non sai se chi amministra la giustizia è “al di sopra di ogni sospetto” oppure è un mammasantissima e quindi se quando denunci un mafioso, un cammorista, un ‘ ndranghetista, la tua denuncia finisce nelle mani sbagliate e rischi di saltare in aria con la tua auto.

    Che razza di paese è, ecc…….

    Qualcuno se la sente di dirmi che razza di paese è ?

    Oppure tiriamo avanti cosi’, tanto io ” speriamo che me la cavo”.

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