Una vita di contributi per avere una ‘pensione sociale’!

Ormai tutti i lavoratori italiani sanno fin troppo bene che non sarà più possibile godere di una pensione generosa come quella dei loro padri, perché la riforma Dini ha traghettato il trattamento previdenziale dal retributivo al contributivo. Sanno pure che in pensione ci andranno non prima dei 67/68 anni e questo grazie al complicato calcolo dell’Istat sulla speranza di vita introdotto dalla riforma Fornero. Ma molto probabilmente non sanno quanto prenderanno di pensione: una miseria!
Infatti, secondo una simulazione realizzata su un 30enne con un reddito netto mensile di mille euro, questi potrà contare su una pensione tra i 514 euro (se l’economia dovesse continuare a ristagnare), e di 600 euro al mese (se il Pil dovesse tornare a correre). E non andrà meglio neppure per i redditi più alti, che saranno maggiormente penalizzati. Insomma, il paradosso è che chi oggi versa contributi per un’intera vita lavorativa, alla fine percepirà un assegno previdenziale inferiore all’attuale pensione minima! E allora a cosa vale versare una montagna di contributi se poi al momento di andare in pensione ci si ritrova a malapena con una “pensione sociale”?

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