Terrorismo: serve una vera alleanza.

di  Salvatore Falzone. L’attacco al parlamento iraniano e al mausoleo dell’Ayatollah Khomeini a firma Daesh segna un punto di svolta per la lotta al terrorismo islamico. L’Iran  è il fulcro dell’asse della cosiddetta “Mezzaluna scita” che va da Beirut a Teheran creatosi poco dopo la caduta del regime di Saddam Hussein.  Cosa che ha indispettito parecchio i Paesi del Golfo e in particolare l’Arabia Saudita. Da sempre le contrapposizioni tra i sauditi e gli iraniani vertono sul
ruolo all’interno del mondo musulmano sia geopolitico, economico e religioso.  Casa Saud si ritiene custode della fede in contrapposizione all’Iran dopo  la Rivoluzione Islamica. La paura dell’esportazione della rivoluzione attraverso le cospicue comunità sciite, assai spesso emarginate, nel regno portarono a varie tensioni e proteste. Mentre le comunità sunnite si sentivano  sfidate e sorpassate dagli eventi della Rivoluzione. Il culmine veniva toccato con l’assedio della Moschea della Mecca nel’79, da un gruppo sunnita che accusava i Saud di corruzione ed empietà. Da quel momento i sauditi diedero mano libera ai vari gruppi jihadisti  finanziandoli e inviandoli nei vari teatri di guerra.  Forti dell’alleanza con Washington Teheran è stata considerata una minaccia da contenere.  Durante la Presidenza Khatami l’allora Presidente americano Clinton pubblicamente disse che negli anni si era fatto poco per ritornare ad un dialogo costruttivo per superare le contrapposizioni con gli iraniani, mentre la Presidenza Bush confinava nel classico asse del male l’Iran. E’ stato Obama a cambiare quadrante strategico riuscendo a far uscire dall’isolamento l’Iran attraverso dei negoziati multilaterali.  Accordi mal visti da parecchi settori delle dirigenze del mondo arabo sunnita. Con il Presidente Trump l’asse con l’Arabia si ripropone nuovamente secondo le antiche alleanze in un mondo che è cambiato parecchio, con crisi assai gravi in Medio Oriente e davanti ad un disordine mondiale l’Iran viene visto come “eminenza grigia” del terrorismo, tuttavia il sedicente califfato non nasce dalla volontà degli iraniani ma da strategie e guerre scellerate che hanno creato degli effetti domino assai difficili da controllare. E’ vero che l’Iran ha rapporti con Hamas e gli Hezbollah, ambedue considerate, con i vari distinguo dei vari Paesi, delle organizzazioni terroristiche, ma pur sempre organizzazioni con vari apparati politici, militari conosciuti.  Nel marasma attuale l’Iran viene visto come il problema per stabilizzare   i vari teatri dalla Siria allo Yemen, dall’Iraq al  Bahrein. Da pochi giorni la grande alleanza patrocinata dalla Arabia Saudita ha dichiarato il Qatar come Stato che aiuta i terroristi, ma dietro l’angolo ci sono i rapporti economici, la gestione degli impianti di gas in compartecipazione tra Qatar e Iran.  L’attacco portato nel cuore della capitale iraniana  denota la capacità dell’Isis di come riesca ad “incunearsi  nella situazione politica”.  Le reazioni della comunità internazionale sono state blande, solo il  Cremlino ha  ribadito la necessità di cooperare con l’Iran considerato  come un tassello fondamentale. Dagli altri Stati c’è stato un balbettio di classiche condanne e dalla Casa Bianca solo silenzio. In questa guerra globale occorre una vera alleanza non giocare con finti  coordinamenti. L’Iran deve essere considerato come un attore attivo  per la stabilizzazione nei vari teatri. E’ giunto il momento per vari decisori e leader mondiali di fare delle scelte tra l’affrontare il problema dell’instabilità e delle varie guerre o chiudere ancora una volta gli occhi lasciando i popoli in balia di eventi sempre più tragici e pericolosi.    

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