“Spilli” di Greta Olivo. Un esordio prestigioso.

di Daisy Raisi. “Ci vuole un po’ di incoscienza e molta attenzione per imparare a vivere senza vedere.”

La disabilità è il filo conduttore del romanzo d’esordio della trentenne romana Greta Olivo, un esordio prestigioso se consideriamo che è stato scelto da “Einaudi” per la collana “Supercoralli”.

Livia è una ragazzina che “cattura il vento”. ha una grande passione per la corsa, che abbandonerà in seguito a una malattia in grado di condurla alla cecità, la retinite pigmentosa.

Tuttavia non aspettatevi toni pietistici da questo romanzo, in cui è presente l’elemento autobiografico, perché Livia non ha nessuna intenzione né di essere compatita né di arrendersi: è una combattente, una guerriera, una che vuole prendere la vita a morsi. Che non vuole sentirsi né essere diversa.

Ne seguiamo la parabola dagli undici ai sedici anni circa, perché la sua malattia è in questo arco temporale che insorge e progredisce inesorabilmente.

All’inizio Livia la nasconde, non vuole che si sappia in giro, ha paura di essere emarginata, rifiutata, di non vivere come le altre: le comitive, le uscite, e poi le feste, l’amore, di essere schiacciata dal peso di qualcosa che le è capitato fra capo e collo, di cui non è certo responsabile.

“Spilli” è anche e soprattutto un romanzo di formazione, perché segue la sua protagonista, passo dopo passo, nella sua crescita e anche nell’evoluzione del suo approccio alla malattia: negazione, rabbia, accettazione, superamento.

Il lettore soffre con lei quando Livia si perde nel centro di Roma e non ha più riferimenti né appigli. Eppure anche da un’esperienza così forte la protagonista sa risollevarsi mostrando di che pasta è fatta, perché, e non è retorica, nella vita non è importante quante volte cadi ma con che prontezza e forza ti rialzi.

Livia assurge così a esempio, ma l’autrice non la beatifica: anche lei ha i suoi difetti come ogni altro essere umano, non è una martire o una santa, proprio per questo è credibile, buca le pagine e arriva dritta come un pugno allo stomaco del lettore urlandogli: “Sono qui! Guardami! Questa sono io, con i miei pregi e le mie imperfezioni”.

Con il suo epilogo, che insegna e rassicura, “Spilli” si rivela un romanzo che esorta a sperare ricordandoci che, se lo cerchiamo con tenacia, senza demordere mai, esattamente come fa Livia, anche nella notte più scura “c’è sempre un punto di luce”.
Da leggere.

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