Se non sai convivere con la “cricca” fai la fine di Marino!

di Gerardo Lisco. Con le dimissioni di Marino finisce il ciclo politico che ha visto l’elezione di Pisapia, Doria, Zedda e De Magistris. Il M5S, Renzi e la destra hanno cercato e voluto le dimissioni di Marino perché ognuno di essi vuole giocare la nuova partita. Gli scenari che si aprono sono inediti e di difficile interpretazione. Il primo dato, che si avverte in modo forte, è la frattura tra il PD e l’elettorato
tradizionalmente di sinistra. La sinistra e il centro sinistra che abbiamo visto negli ultimi venti anni non esistono più. E’ necessario immaginare nuovi percorsi. Il P.d.R. (partito di Renzi) preferisce altre alleanze a quelle con la sinistra; infatti alleanze tra “Sinistra” e P.d.R. saranno sempre di più l’eccezione che la regola. Da quanto sta succedendo a Roma l’impressione è che si sia di fronte “al fuori tutti”: l’elettorato appare totalmente libero da qualsiasi vincolo politico di tipo tradizionale. Se fino alle elezioni amministrative, che hanno visto l’elezione di Marino, di Pisapia e degli altri sindaci, era ancora possibile ragionare secondo le categorie centrosinistra/centrodestra, oggi questa ipotesi di ragionamento è definitivamente tramontata. Secondo le categorie politiche tradizionali Marino avrebbe dovuto dare le dimissioni per avere applicato pedissequamente le politiche neoliberiste indicate dal Governo, invece no. Scivola su una buccia di banana. Il motivo del defenestramento sono le irregolarità contabili denunciate dal M5S circa l’utilizzo della carta di credito comunale. Rispetto ad altre vicende di illegalità che interessano l’ Italia e rispetto alla stessa vicenda di “Mafia capitale” l’uso che Marino fa della carta di credito comunale appare un’inezia; per cui è del tutto evidente che le ragioni delle dimissioni sono altre. L’aver scoperchiato il vaso di Pandora del malaffare ha reso Marino, paradossalmente, debole. La ragione per la quale Marino è passato per un marziano sta proprio nel non essere stato capace di convivere con “Mafia Capitale”. Nel senso di non essere stato in grado di mediare il sottobosco di affari e alleanze che alimenta un sistema politico privo ormai di grandi passioni. Marino finisce la propria esperienza con le dimissioni, Pisapia rifiutando la candidatura per un secondo mandato, De Magistris resistendo all’assedio con la voglia di giocarsi la partita fino in fondo. Il “fuori tutti” significa semplicemente che alle prossime elezioni comunali, che interesseranno tre grandi città come Roma, Milano e Napoli, l’elettorato sarà completamente libero di interpretare l’offerta politica. Non ci saranno più vincoli ideologici che condizioneranno la scelte del voto. A pronunciarsi sarà l’opinione pubblica. Cos’è l’opinione pubblica se non semplicemente il mercato al quale si rivolge una politica mossa sempre meno da grandi ideali e sempre di più legata alla contingenza del momento. Con le elezioni ridotte a pura competizione tra consorterie a vincere non saranno il rinnovamento della politica, il ricambio delle classi dirigenti o valori come l’etica pubblica, ma gli interessi forti e meglio organizzati. Vincerà chi sarà in grado di portare a votare il proprio elettorato. Penso che la Democrazia abbia raggiunto un livello tale di degrado da non trovare più consenso dei cittadini. Almeno non questo sistema Democratico. Per questa ragione l’opinione pubblica liberata da vincoli ideologici, si limiterà semplicemente ad astenersi. In fin dei conti è ciò che ha fatto alle ultime elezioni europee e a tutte le elezioni regionali che si sono succedute negli ultimi due anni. La Democrazia sta diventando sempre di più un affare per pochi. Un sistema Democratico di questo tipo esprime una contraddizione in termini che richiede un cambiamento di rotta prima che sia troppo tardi. Recuperare il senso profondo della Democrazia è una delle sfide che la “Sinistra” ha davanti a sè. Per coglierla dovrà liberarsi di quei vincoli culturali che le impediscono di guardare ad alleanze con quei movimenti che la narrazione dominante indica come populisti e che, invece, nella stragrande maggioranza dei casi sono l’espressione di quella società civile consapevole che si sente sempre di più schiacciata dagli interessi rappresentati da una classe politica divenuta ceto e da un sistema economico sempre di più oligopolista. Mi pare di capire che quanto sta succedendo a Roma è il segnale che la “Sinistra”, in questo momento, non è in grado di raccogliere la sfida, perciò è destinata ancora una volta ad essere ricacciata nel limbo della semplice testimonianza.

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