Riforma pensioni: nonni a lavoro e nipoti… a spasso!

Nel 2012 sono andati in pensione coloro che avevano maturato i requisiti nel 2011 (prima della riforma-Fornero), ma che dovevano aspettare la cosiddetta “finestra mobile”: 12 mesi per i lavoratori dipendenti, 18 per gli autonomi, e questi ultimi andranno in pensione il prossimo giugno. Per quanto riguarda gli “esodati”, coloro che rischiano di andare in pensione senza reddito, il pensionamento è invece previsto secondo le vecchie regole. Con il 2013 e la “riforma Fornero” l’età pensionabile si allungherà creando per le aziende e per i giovani in cerca di lavoro non pochi problemi. Con la nuova legge il lavoratore potrà scegliere di restare in attività fino a 70 anni e 3 mesi senza essere licenziato, 4 anni in più della soglia normale di accesso alla pensione di vecchiaia, prima fissata a 65 anni. Allungare l’età pensionabile ha creato diverse polemiche, soprattutto per i lavoratori che si dedicano a mestieri piuttosto faticosi dal punto di vista fisico, come un muratore, un manovale, ma anche un medico chirurgo. L’aumento della soglia d’età per la pensione è stato dato dall’allungarsi della speranza di vita, così dal prossimo gennaio, per tutti, l’età del pensionamento si allungherà di 3 mesi: per andare in pensione di vecchiaia ci vorranno come minimo 66 anni e 3 mesi per i dipendenti pubblici e privati e per gli autonomi, stessa cosa per le dipendenti pubbliche. Le lavoratrici privati, invece, fino al 2018, godranno del vantaggio di poter andare in pensione a 62 anni e tre mesi. Da gennaio, quindi, salirà la soglia per accedere alla pensione d’anzianità, che la riforma ribattezza “anticipata”: 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne. E se uno uscirà prima di aver raggiunto 62 anni d’età subirà pure un taglio dell’assegno: dell’1% per ogni anno fino ai primi due, poi del 2%. Salirà di tre mesi, infine, il tetto per la pensione degli stakanovisti: da 70 anni nel 2012 a 70,3. E’ iniziato, quindi, il conto alla rovescia! E riassumendo la situazione, a meno di 1 mese alla scadenza, possiamo dire che la riforma porterà 3 mesi in più di lavoro e circa il 3% in meno di assegno: il 1° gennaio 2013 scatta il primo di una serie di gradini periodici che riguarderanno il “quando” e il “quanto” della nostra pensione:
l’adeguamento dell’età della pensione di vecchiaia alle aspettative di vita. Il diritto scatterà:
– per un dipendente uomo a 66 anni e 3 mesi, contro gli attuali 66 anni;
– per una dipendente donna a 62 anni e 3 mesi, contro gli attuali 61 (per le lavoratrici autonome a 63 anni e 9 mesi contro i 61 e mezzo di oggi);
i coefficienti di trasformazione cioè le percentuali di rivalutazione da applicare al “montante contributivo” per determinare la rendita previdenziale. Il 1° gennaio scatta la prima variazione dei coefficienti che è negativa per chi va in pensione con meno di 65 anni. Una perdita che varierà dal 2 al 4% del reddito.
Insomma, una riforma che cade in un momento storico assai critico nel quale la disoccupazione giovanile ha toccato picchi record e trattenere ad oltranza i “nonni” sul posto di lavoro non sembra proprio essere la scelta più adatta perchè preclude ulteriormente alle nuove generazioni la possibilità di ingresso nel mondo del lavoro.

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