Quando l’Italia aveva una ‘sua’ politica estera.

di Agostino Spataro. Con la cosiddetta ‘Seconda Repubblica’ si è passati dal dialogo alla sfiducia, al conflitto.
Un bel capolavoro, insomma, che contrasta con l’immagine di un’Italia solidale e popolare che, nel rispetto delle alleanze internazionali, riusciva (nella ‘Prima Repubblica’) a esprimere una politica estera, ampiamente condivisa in Parlamento, aperta al dialogo e alla cooperazione economica, in primo luogo con i Paesi dello scacchiere arabo e mediterraneo

Una politica di pace che generava nuove occasioni d’incontro, favoriva la penetrazione in nuovi mercati e commesse importanti per le imprese italiane. Le buone relazioni politiche e culturali italo – arabe erano la chiave di volta per accrescere il volume degli scambi economici e commerciali. Insomma, il dialogo pagava e assicurava all’Italia un ruolo primario nell’area arabo-mediterranea, anche in campo economico.

Nostalgia? Confesso che un pò c’è pure. Ma ciò che più mi preme è il desiderio di vedere cambiare le cose nel senso richiesto dalla maggioranza del popolo italiano che non vuole la guerra, ma un cambio della nostra politica estera che specie verso questo scacchiere si è progressivamente militarizzata con risultati doppiamente in perdita. Infatti, alle ingenti spese per finanziare missioni militari bisogna aggiungere i dati della crescita del deficit commerciale. Oltre, naturalmente, i nuovi rischi, in termini di sicurezza, cui si espone il Paese, come insegna l’attuale crisi libica.

Dal dialogo la pace e la prosperità, dalla guerra morte, miseria e nuove migrazioni.

Sotto questo profilo, il caso italiano è esemplare. Basterebbe fare qualche conto e alcuni confronti fra le bilance commerciali di allora e di oggi per capire le cause dell’attuale svantaggio italiano e scoprire la differenza che corre fra il dialogo e la chiusura razzistica o, se si preferisce, fra la cooperazione pacifica e lo scontro di civiltà.

La tanto biasimata “Prima Repubblica”, specie nel periodo a cavallo fra gli ’70 e ’80, produsse una politica estera equilibrata, lungimirante e ampiamente condivisa di cui va dato merito ai tre grandi partiti popolari (Dc, Pci e Psi) e ai loro più prestigiosi dirigenti: Aldo Moro, Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer, Giancarlo Pajetta, Bettino Craxi, Riccardo Lombardi.

La lista è breve perché, per il periodo considerato, non vedo altri che vi possano degnamente figurare.

Ovviamente, con ciò non si vuol mitizzare nessuna delle personalità sopra citate o sostenere che quello fu un periodo aureo per l’Italia. I problemi c’erano ed anche gravi: dall’attacco ai diritti sociali dei lavoratori alla sicurezza e all’ordine pubblici, dal clientelismo alla corruzione, ecc.

Il Pci li affrontò, dall’opposizione, con determinazione e con grandi mobilitazioni popolari, e con chiarezza di obiettivi, riconducendoli all’esigenza di un cambiamento della prospettiva generale del Paese che se fosse avvenuto avrebbe evitato il declino economico e morale in cui è stato trascinato.

Ho solo voluto rilevare, ricordare, che nonostante tutto ciò, in quegli anni cruciali, l’Italia riuscì a ritagliarsi un ruolo relativamente autonomo in politica estera; senza grandi pretese, ma orientato verso il dialogo fra gli Stati, a sostegno del diritto alla sovranità dei popoli ancora irredenti, in primo luogo, di quello martire di Palestina che sostenemmo senza mai deflettere dalla difesa del diritto all’esistenza d’Israele entro i confini riconosciuti dalle Nazioni Unite. La questione è ancora insoluta per una serie di ragioni, quella che più influisce è la “cattiva abitudine” dei governanti israeliani di fuoriuscire dagli ambiti territoriali loro attribuiti dall’Onu e di non volere rientrarvi.

Seguendo la linea della giustizia e della legalità internazionali, contribuimmo a rafforzare la pace nello scacchiere arabo-mediterraneo e, cosa di non poco conto, a tutelare il nostro Paese da rischi micidiali, creando, al contempo, importanti occasioni di scambio, reciprocamente vantaggiosi.

Insomma, un nuovo scenario di convivenza pacifica, di rispetto e di mutua comprensione, di fervore collaborativo, solidaristico all’interno del quale si era perfino individuata una prospettiva seria di proiezione internazionale, di crescita per il nostro Mezzogiorno, oggi ricacciato ai margini dello sviluppo, assillato dalla criminalità e ridotto a mero deposito di risorse energetiche al servizio del centro-nord ipersviluppato.

Perché questo cambiamento di rotta, di ruolo?

La risposta non è facile, anche se si possono intravedere le cause e gli interessi (anche esterni) che l’hanno determinato. Il tema, per altro, è molto ampio e non può essere affrontato con fredde analisi individuali.

Servirebbero una seria riflessione, un dibattito pubblico (non televisivo, per favore!) affinché, anche partendo da quella fase, si possa re-impostare la politica estera italiana ed europea su canoni più rispondenti ai nostri e non agli altrui bisogni.

Poiché, in fondo, questo è il vero problema!

Certo, i tempi cambiano e così gli scenari, gli attori della politica internazionale, tuttavia consiglio di non disperdere quel patrimonio, quell’esempio creativo, fatto di saggezza e lungimiranza, sperimentato nella “Prima Repubblica” che consentirono, dialogando con tutti (con arabi e israeliani, con Usa e Urss, ecc), di delineare un ruolo originale dell’Italia, di scongiurare nuovi conflitti e di evitare che il nostro paese ne restasse coinvolto.

Oggi, invece… Non è il caso di personalizzare le responsabilità. La questione è d’indirizzo politico generale e attiene ai doveri dei ceti dirigenti del Paese, politici e no. L’Italia non può restare impantanata a organizzare, su richiesta, solo missioni militari “umanitarie”, partecipazioni a conflitti sanguinosi interminabili, a vendere e acquistare costosi sistemi d’arma, a minacciare, promuovere nuove guerre con i nostri vicini.

E dire che con il crollo dell’Urss fu promesso l’avvento del regno della libertà e della pace perpetua!

In realtà, la guerra da “fredda” è divenuta “calda” anche in Europa (il conflitto in Ucraina è davvero inquietante). C’è stato solo un cambio di “nemico”: ieri era il Patto di Varsavia, oggi è il terrorismo, vero o presunto, spesso artefatto secondo il disegno geo- strategico delle potenze.

Se non vogliamo restare condannati a vivere nella paura, a combattere contro il nuovo “nemico” chissà per quanto tempo, se vogliamo progredire e aprirci al mondo nuovo che sta sorgendo sono necessarie una nuova politica estera italiana ed europea e una svolta sul terreno dell’economia e della questione sociale.

P.S.: In “Tutto Storia” del 19/02/2015

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3 Responses

  1. Hillary ha detto:

    Recentemente, il Parlamento pakistano ha sfiduciato il primo ministro Khan. Khan aveva denunciato un vero e proprio tentativo di golpe di Stato ai suoi danni fino ad arrivare al suo omicidio. L’ex primo ministro aveva chiamato espressamente in causa ambienti dello stato profondo di Washington, chiamando in causa Donald Lu, ufficiale del dipartimento di Stato americano. In Pakistan si gioca una partita dagli enormi interessi’geopolitici. Khan aveva espressamente elogiato la politica estera dell’India che si è guadagnata la sua indipendenza emancipandosi dal blocco Euro-Atlantico. Khan aveva manifestato la stessa intenzione di seguire il percorso intrapreso da Nuova Delhi e di unirsi ai BRICS. L’intera Asia in questo caso sarebbe sotto l’egida di questo blocco geopolitico. La risposta del popolo pakistano di fronte alle ingerenze di potenze straniere è stata questa. Il popolo pakistano si è riversato in massa per le strade a sostenere Khan. Il popolo pakistano è sceso in piazza per difendere la sovranità e l’indipendenza del proprio Paese.
    https://t.me/auraxchan/44105?single

  2. Benito ha detto:

    Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, afferma chiaramente che l’operazione militare della Russia in Ucraina metterà fine all’ordine mondiale fondato sulla preminenza degli Stati Uniti. La ragione per la quale il blocco Euro-Atlantico sta giungendo alla sua estinzione è dovuta dal fatto che l’unione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti non è più sostenuta dagli Stati Uniti stessi. La fine dell’epoca dell’atlantismo è iniziata sotto l’amministrazione Trump ed è proseguita sotto la cosiddetta “amministrazione Biden”. La frode elettorale del 2020 è stata concepita e attuata dagli ambienti dello stato profondo di Washington per insediare nuovamente alla Casa Bianca un presidente manovrato e diretto dai grandi circoli del potere globalista. In più di un’occasione abbiamo visto come la separazione degli Stati Uniti dal blocco Euro-Atlantico non si sia ricomposta sotto Joe Biden perché Joe Biden non ha eseguito le direttive che avrebbe dovuto eseguire. La Russia è perfettamente consapevole che a Washington in questo momento c’è una controfigura che non è effettivamente in carica e ha dato il via all’operazione militare in Ucraina per assestare la spallata definitiva al blocco Euro-Atlantico. L’alleanza che Trump e Putin hanno stabilito sei anni fa sta giungendo al suo obbiettivo ultimo rappresentato dalla fine del Nuovo Ordine Mondiale.
    https://www.rt.com/russia/553674-lavrov-military-operation-us-dominance/

  3. Quadrato Attilius ha detto:

    Donald Trump Jr. ha condiviso questa immagine di suo padre su Instagram mentre indossa un vestito che raffigura dei mattoni. È certamente un riferimento al muro costruito al confine con il Messico ma al tempo stesso potrebbe essere un chiaro riferimento al blocco geopolitico dei BRICS che sta mettendo fine all’egemonia del mondo unipolare fondato sulla supremazia del blocco Euro-Atlantico e del dollaro. Sono i poteri che hanno organizzato il colpo di Stato elettorale del 2020 ai danni di Trump, e sono gli stessi poteri che quattro anni prima eseguirono l’altro golpe dello Spygate. Credo che con questa foto Trump voglia comunicare una sua intenzione nemmeno troppo recondita di entrare a far parte ufficialmente dei BRICS una volta che sarà di nuovo ufficialmente presidente. Lá fuori c’è un futuro nuovo per il mondo e non è quello dell’unipolarismo atlantista. È quello del mondo multipolare fondato sulla sovranità e l’indipendenza degli Stati nazionali.

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