Mille lire pari a un euro: 10 anni fa il grande imbroglio.

di Annalisa D’Aprile. Speculazione, mancati controlli e assenza del doppio cartellino lira/euro: ecco quali sono stati i responsabili dei rincari nel passaggio, tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002, dalla lira alla moneta unica europea, l’euro.

«L’aumento c’è stato e la responsabilità è stata dei governi». Soltanto qualche mese fa l’ex premier Romano Prodi ha ricordato chiaramente quale sia stata la colpa dell’esecutivo all’epoca in carica, con Silvio Berlusconi presidente del Consiglio e Giulio Tremonti ministro dell’Economia. «In soli due paesi – ha sottolineato il professor Prodi – si è verificato questo fenomeno: la Grecia e l’Italia.

C’erano due strumenti che Ciampi aveva elaborato: le commissioni provinciali di controllo che erano state istituite ma non sono state fatte lavorare, e il doppio prezzo in lire e in euro per sei mesi in modo che la gente si sarebbe potuta difendere da sola. Non ho mai capito perché questi due semplici provvedimenti che Ciampi aveva raccomandato, non siano stati usati dal governo Berlusconi».

Lo stesso ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (ministro del Tesoro ai tempi del “sì” all’ingresso dell’Italia nella moneta unica), alla fine del 2002, ha dichiarato che l’introduzione dell’euro ha generato «un aumento dei prezzi superiore quasi di un punto alla media europea provocando una erosione di competitività per le nostre merci e conseguenti danni in termini di quote di mercato».

In Italia gli arrotondamenti arbitrari sono stati accompagnati dalla diffusione dell’idea che la conversione del prezzo lire-euro andava presa alla lettera. Secondo il tasso di cambio 1 euro corrispondeva a 1.936,27 lire. Cambio che non è mai stato rispettato. Dunque molti dei prezzi al consumo aumentati immediatamente, alcuni nel tempo sono praticamente raddoppiati. Il 31 dicembre 2001 è terminato il periodo transitorio dell’euro. Dal primo gennaio al 28 febbraio 2002 è circolata la doppia moneta, il primo marzo è cessato il corso legale della lira.

Ma nel passaggio da una moneta all’altra, il primo segnale distorto del tasso di cambio è arrivato proprio dal ministero dell’Economia e con tanto di decreto legge ad hoc. Il 28 dicembre del 2001 infatti, il dicastero «in coincidenza con l’introduzione della moneta unica europea» ha modificato «le poste dei giochi e delle lotterie». E così, la giocata minima del Lotto è passata da mille lire a 1 euro. Indipendentemente dal fatto che il Tesoro avesse deciso o meno da tempo l’aumento delle giocate, di fatto il concetto che è passato è stato quello del raddoppio legalizzato dei prezzi.

E infatti, gli aumenti si concentrarono soprattutto nei primi mesi del 2002, come ricordano i dati del Codacons. Ad esempio, la brioche e l’espresso al bar sono passati dal costo rispettivo di 1.200 e 1.300 lire a quello di 0,80 centesimi (corrispondente invece, a 1.550 lire circa); il biglietto del cinema da 14mila lire a 7,50 (pari a 14.522 lire); un trancio di pizza rossa da 3mila lire a 1,80 euro (pari in realtà a quasi 3.500 lire); il taglio dei capelli dal parrucchiere da 26mila lire a 15 euro (pari a 29mila lire). Prezzi che provano la messa in atto di una speculazione all’epoca agevolata dai controlli inesistenti e dall’abolizione, nel giro di breve tempo, dell’esposizione del doppio cartellino.

E oggi? Al compimento del suo primo decennio, l’euro costa sempre più caro agli italiani. Una recente indagine delle associazioni dei consumatori (Codacons, Adoc, Movimento difesa del cittadino e Unione nazionale consumatori) ha calcolato che i rincari registrati da settembre 2001 a settembre 2011 su un paniere composto da 100 voci relative a beni e servizi di largo consumo, hanno raggiunto la media del 53,7 per cento, con una perdita del potere d’acquisto del 39,7 per cento.

A conti fatti, una famiglia di quattro persone in dieci anni ha subito una stangata di oltre 10mila euro. Tra i prezzi dei prodotti che hanno subito un’impennata estrema ci sono: il tramezzino al bar, aumentato del 192,2 per cento (da 0,77 centesimi a 2,25 euro); la penna a sfera salita del 207,7 per cento (da 0,26 centesimi a 0,80); il cono gelato rincarato del 159,7 per cento (da 0,77 centesimi a 2 euro). Raddoppiati o quasi anche la pizza margherita al ristorante, passata da 3,36 euro a 6,50 (+93,5 per cento), i jeans di marca, passati da 64,56 a 126 euro (+95,2), al caffè in confezione del supermercato, portato da 2,63 a 6,22 euro (+136,5 per cento).

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