Meno diritti, meno salario, meno welfare, meno, meno, meno…

di Gerardo Lisco. Dalla lettura dei giornali apprendo che il Presidente dell’Istat Giorgio Alleva, durante l’audizione presso la commissione Affari Costituzionali della Camera, ha confermato il progressivo aumento dell’età pensionabile degli italiani. La causa di questo progressivo innalzamento dell’età pensionabile è la crisi demografica e, a parere di Alleva, i flussi migratori che entro il 2065 porteranno nel nostro Paese 14,4 milioni di immigrati non riusciranno a compensare il crollo demografico dovuto all’emigrazione
dal nostro Paese di oltre 6,7 milioni di individui e alla natalità negativa. L’Italia alla fine avrà comunque una popolazione poco superiore ai 53 milioni di abitanti. Alleva fa da sponda a ciò che ha dichiarato i giorni scorsi il Presidente dell’Inps Boeri, sostenendo che le uniche soluzioni sono l’innalzamento dell’età pensionabile a 70 anni dal 2051 e delle politiche favorevoli all’immigrazione. Parlando dei giovani, Alleva ha evidenziato l’aumento della precarietà evidenziando come tra il 2008 e il 2016, nella classe 15-34 anni, la quota di dipendenti a termine e collaboratori è passata dal 22,2% al 27,8%, con picchi del 35% tra i laureati. Tra le donne, il 41,5% delle occupate con lavoro atipico è madre. Alleva ha concluso dicendo che la precarietà dei 25-34enni farà si che costoro, non solo andranno in pensione oltre i 70 anni, ma avranno anche pensioni bassissime. Per Alleva e Boeri, dunque, la soluzione al problema è negli immigrati.

Dietro la freddezza delle cifre, frutto di qualche algoritmo, si nasconde la costruzione di un sistema sociale che appare allucinante. Già con gli attuali criteri, a differenza di quanto lascerebbe intendere Alleva, coloro che andranno progressivamente in pensione avranno un assegno decurtato che solo in parte verrà integrato dai fondi pensione della categoria di appartenenza. La riduzione progressiva dei livelli pensionistici non solo ridurrà la domanda interna ma farà venire meno anche quella forma di solidarietà tra generazioni che surroga il welfare ormai smantellato. Lo scenario che si prospetta è che la società italiana, in larga parte, è avviata verso l’impoverimento complessivo. Gli stessi immigrati che, secondo Alleva e Boeri, dovrebbero risolvere il problema delle pensioni, di fatto continueranno ad avere la funzione di alimentare la concorrenza con i precari e i disoccupati autoctoni. L’Italia dei prossimi dieci/venti anni vedrà una società fatta di anziani che dovranno pagarsi i diritti sociali a partire dalla sanità, e una massa di giovani disoccupata, precaria, frustrata ma spero non demoralizzata, che dovrà scegliere, con il denaro scarso che riuscirà a guadagnare da attività lavorative precarie, se impiegare quel denaro per pagarsi un’assicurazione sanitaria, una pensione integrativa, provare a mettere su famiglia o semplicemente mangiare e vestirsi. Gli scenari sono tali che con lo smantellamento progressivo del welfare a partire dalla sanità e con la privatizzazione/finanziarizzazione dei diritti sociali alle future generazioni restano poche opzioni oltre quella di venir risucchiata dalla miseria, dalla frustrazione e dalla perdita di futuro. Alleva parla di scenari che si allungano fino al 2065. Significa che grazie alle politiche favorevoli al capitalismo finanziario hanno massacrato la vecchiaia dei cinquantenni, il futuro dei loro figli e quello dei loro nipoti, ammesso che ce ne saranno. L’immigrazione di fronte a questo contesto non ha la funzione di risolvere i conti dell’Inps. La funzione che ha è quella di fare massa critica rispetto agli autoctoni. La concorrenza tra lavoratori farà si che gli autoctoni saranno costretti ad accettare meno diritti e meno retribuzioni e lavori sempre meno qualificanti che non richiedono investimenti in cultura e formazione. Saranno costretti a farlo proprio a causa della pressione degli immigrati i quali giovani, affamati sono ben disposti ad accettare contratti di lavoro che prevedono meno garanzie e meno salario. Ciò che dico è ciò che sta già accadendo e i cambiamenti in atto non segnano nessuna inversione di tendenza. La destrutturazione delle organizzazioni sociali: sindacati e partiti politici per primi, lasceranno, in nome della libertà individuale, la persona solo contro istituzioni forti e potenti che avranno dalla loro norme e sistemi di controllo. Da un diritto sempre più oggetto di negoziazione tra le parti alla progressiva privatizzazione della sicurezza e dell’ordine pubblico che sarà sempre di più difesa dell’ordine proprietario. Tutta una serie di provvedimenti legislativi, molti dei quali sembrano grandi conquiste di civiltà, nascondono il baratto dei diritti civili con i diritti sociali e renderanno sempre di più la società disgregata e fortemente individualizzata: massa, difficile da tenere insieme. Disponibile a manifestare su temi specifici, capace di farlo anche in modo creativo come ad esempio la marcia degli zombi ad Amburgo contro il G20 ma ancora incapace di fare sintesi. Dietro la freddezza dei numeri di Alleva c’è l’umanità ed è per questo che spero che al pessimismo della ragione si accompagni sempre l’ottimismo della volontà e che milioni di esseri umani, molto prima che poi, scendano in piazza e travolgano un sistema che ha eletto a norma l’ingiustizia sociale, l’impoverimento progressivo di fasce sempre più ampie di società, la fine della Democrazia e la costruzione di un sistema che ricorda la trama di romanzi di narrativa dispotica. Penso ai romanzi di A. Huxley, J. London, R.H. Benson , E. I. Zamiatin .

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