Medici in fuga dagli ospedali.

Turni massacranti, troppi pazienti da seguire, scarsa sicurezza personale soprattutto nei Pronto Soccorso, strutture fatiscenti, carenza di materiali e strumentazioni medicali, stipendi da fame, spiegano la grande fuga dei ‘camici bianchi’ dal Servizio Sanitario Nazionale.

Dal 2018 al 2025 saranno andati in pensione 35mila medici.

E così ogni anno il Servizio sanitario italiano perde pezzi importanti. E il 2024 non sarà da meno. “Se noi dovessimo basarci sui dati degli anni passati, i medici del Ssn che dal 2022 al 2023 hanno lasciato il pubblico sono più che raddoppiati. Quindi nel 2024 possiamo stimare in 7mila i colleghi che lasceranno le corsie”. Lo annuncia all’Adnkronos Salute Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao-Assomed, il sindacato dei medici e dirigenti del Servizio sanitario nazionale.

Ma il problema non sta soltanto nell’alto numero di camici bianchi che se ne vanno, ma anche nella mancata attrattività della sanità pubblico. Un “turnover” che non avviene e che lascia sempre più scoperti i nostri nosocomi. Un tema che gli addetti ai lavori hanno rilanciato a più riprese, ma mai preso veramente in considerazione dal governo, come sottolineato da Di Silverio: “Uno specchietto tornasole della situazione è dato anche da chi decide di entrare nel sistema pubblica. Molte borse di studio per le specializzazioni vanno deserte. Questo è un chiaro segnale che l’appetibilità dell’ospedale pubblico non c’è più”. Su questi fronti – secondo il sindacato – “non ci sono le risposte che ci saremmo aspettati dal Governo Meloni che sui soldi fa questione di lana caprina: un conto sono le risorse sul Fondo sanitario altro quelle sul personale. Oggi in Italia – rimarca – il problema sono i professionisti, tutti hanno detto in queste settimane quanto sono importanti gli operatori sanitari ma poi se andiamo a leggere la Manovra troviamo 80 euro per gli straordinari dedicati all’abbattimento delle liste d’attesa, quando non abbiamo assolutamente tempo in più”.

“E poi – rimarca Di Silverio – i 2,3 miliardi per il rinnovo del nostro contratto: un aumento netto nelle tasche che vedremo tra un anno di 150-160 lorde al mese. Mentre si danno soldi al privato accreditato. Non c’è stata nessuna risposta sullo scudo penale in attesa di una legge – conclude – come fatto durante la pandemia, a costo zero, e avevamo chiesto 300 milioni per la specificità medicina”.

Nel frattempo, i sindacati di categoria chiedono interventi concreti al governo Meloni, come confermato dal segretario nazionale Anaao-Assomed: “Gli aumenti progressivi stabiliti dalla finanziaria per il Ssn non bastano. Alla premier chiederei se è consapevole che la Manovra non ha premiato gli operatori sanitari come promesso. E come pensa di rendere più attrattiva la professione salvaguardando le cure pubbliche? Più semplicemente, crede ancora in un sistema di cure pubblico e universale?”.

Quesiti che arrivano anche da Fabio De Iaco, presidente nazionale della Società italiana medicina dell’emergenza urgenza (Simeu): “La Manovra non ha risolto i problemi della sanità pubblica, serve restituire dignità agli operatori. Io oggi potrei andare via, ho offerte nel privato, perché dovrei rimanere nel Ssn? Ecco, la presidente Meloni dovrebbe rispondere a questa domanda: come intende rilanciare il Ssn visto che ha detto che è una priorità?”. Sulla stessa linea anche la domanda che rivolgerebbe alla premier Guido Quici, presidente del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed: “Le dichiarazioni dei politici sulla sanità sono sempre risibili, questo Governo – chiede – ha il coraggio di ribaltare il concetto di investimento in sanità dopo anni di tagli, con più posti letto e più ambulatori per la specialistica?”. Quesiti a cui il governo, prima o poi, dovrà rispondere.

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