L’Italia abbandona la ‘via della seta’.

di Attilio Runello. Il governo italiano ha inviato una nota ufficiale al governo cinese in cui comunica di voler uscire dall’accordo bilaterale chiamato via della seta. La decisione è arrivata per ragioni di ordine economico e motivazioni politiche.

L’accordo fa parte di una strategia del governo cinese di lunga durata che prevede la realizzazione di infrastrutture per collegare la Cina con gli altri continenti, l’Europa in particolare. All’iniziativa hanno aderito molti paesi europei, ma non quelli che fanno parte dal G7, che comunque hanno accordi commerciali con la Cina più vantaggiosi dei nostri. La nostra bilancia commerciale con il colosso cinese è nettamente a vantaggio della Cina, anche se negli ultimi anni le nostre esportazioni sono cresciute.

È inutile nascondersi che il mercato cinese, la seconda economia al mondo è di grande interesse per le aziende italiane. Tuttavia importiamo dalla Cina una gran quantità di apparecchiature elettroniche per decine di miliardi. Fra l’altro anche i microchip, le batterie per le auto elettriche, i pannelli fotovoltaici, le turbine per l’eolico, l’acciaio.

Componenti che sono considerate strategiche per la nostra economia e che dovremmo produrre maggiormente nel nostro paese o quanto meno diversificare i paesi da cui ci approvvigioniamo.

A questo va aggiunto che la strategia cinese nel realizzare le infrastrutture è quella di possederle, nel nostro paese, e gestirle in autonomia aggirando se possibile anche i dazi.

L’Italia vuole continuare un rapporto commerciale con la Cina meno vincolante, che esisteva anche prima, e che va sotto il nome di partenariato. Al tempo stesso si sta muovendo per acquisire le materie prime – le cosiddette terre rare – che sono alla base della produzione delle apparecchiature che sono alla base della transizione digitale ed ecologica. Va in questa direzione il piano Mattei e la visita del ministro Urso nella penisola araba.

Accanto alle ragioni economiche vi sono poi quelle politiche. Le pressioni di Washington in questa direzione non sono mancate. Le posizioni cinesi su Taiwan, sulla situazione in Ucraina si sono aggiunte alle repressioni delle manifestazioni ad Hong Kong, al trattamento riservato alla minoranza uigura, alle alleanze antioccidentali che la Cina sta stringendo. In altre parole il rapporto fra Stati Uniti ed Occidente e la Cina si è deteriorato, come lo si è deteriorato con la Russia e recuperarlo non sarà facile.

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