Lavorare meno e lavorare tutti, per tornare a vivere!

Leopolda. San Giovanni. Arcore. Silenzio. Adesso parlo io. Certo, che ci sono migliaia di disoccupati, o meglio di lavoratori giovani e meno giovani che non sono ufficialmente “occupati”, ma che poi “in nero” – anche se con le dovute eccezioni del caso che però confermano la triste piaga di un’Italia che evade, elude, corrompe e schiavizza riescono a campare ugualmente o addirittura a guadagnare di più dei cosiddetti “regolari”. Altrimenti non si spiegherebbero ristoranti e cinema sempre pieni, voli e treni esauriti, vacanze prenotate un anno prima, città ostaggio del traffico, seppure a fronte di qualche triste e solitaria immagine di chi rovista nei cassonetti della spazzatura!
Ma non è abbassando i salari e azzerando i diritti e le tutele di chi un posto ce l’ha che si crea occupazione, sviluppo e crescita, ma facendo uscire fuori “il sommerso”! 
E poi ci sono milioni e milioni di italiani che un lavoro “regolare” ce l’hanno: un lavoro sul quale lo Stato trattiene circa la metà dello stipendio, che va a finire in tasse e in quella previdenza che chissà come e chissà quando arriverà mai nelle tasche dei lavoratori a fine rapporto.
Gente che esce tutte le mattine all’alba per raggiungere in tempo utile l’ufficio, l’azienda, il negozio, la fabbrica, per poi rientrare a casa solo a tarda sera con uno stipendio che nel migliore dei casi arriva ai 1.200 euro: 11 ore al giorno, per lavorarne 8!
E poi i figli, la casa, i genitori anziani… ogni giorno è una battaglia e il tempo per vivere non c’è più! Altro che il “posto fisso non c’è più” detto da uno che si è assicurata la poltrona fino al 2023! Altro che jobs act, e menate del tipo l’“i-Phone e il gettone”, altro che il pericolo di tornare indietro nel tempo se si scende in piazza per difendere i propri diritti.
In dietro lo siamo già da un pezzo, ma solo perchè in Italia c’è una concezione medioevale del lavoro!
Qui da noi non conta quanto e come produci, ma solo il monte ore! E invece dovremmo guardare avanti, pensando che “produttività e qualità” non dipendono dal numero di ore passate in ufficio.
Si può benissimo lavorare di meno ed essere più efficaci ed efficienti, magari da casa con telefono e computer, ovvero grazie alle nuove tecnologie che ormai consentono sempre più di dislocare il lavoro: meno ore, meno spostamenti, meno sprechi, meno smog, più efficienza, più salario e lavoro per tutti!
Con più tempo a disposizione e buste paga più decenti allora sì che l’economia si rimetterebbe in moto: più gente che vive, che produce e che consuma, che segue un hobby e che fa sport, che studia e che legge, che ha più tempo per le relazioni sociali, che segue i figli e fa volontariato.
Avremmo non solo più lavoro per tutti, ma soprattutto persone che, anziché deprimersi e stressarsi in lunghi e molto spesso inutili orari di lavoro, vivrebbero meglio facendo vivere bene anche gli altri!
Ma se a chi sta al potere non gliene frega niente di un milione di persone della sua stessa estrazione politica, o almeno fino a ieri presunta tale, che scendono in piazza per manifestare il proprio malessere, figuriamoci quanto può tenere al resto della popolazione che inerme subisce e si fa i fatti propri!?
“Loro” twittano di voler cambiare l’Italia, ma l’Italia siamo noi e “loro”, che non li abbiamo mai eletti a rappresentarci e a decidere  sulle nostre vite senza avergli dato alcuna delega, vogliono cambiarci in peggio! “Loro” leopoldano fregandosene della sovranità popolare e rispondendo all’Europa che batte cassa sulla legge di stabilità priva delle necessarie coperture economiche, che non si confondono mica a metterci sù altri quattro o cinque miliardi di euro per correggere la manovra finanziaria, tanto i soldi mica ce li mettono di tasca “loro”!

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