La solita ipocrita politica fiscale.

di Pompeo Maritati. L’evasione fiscale erodendo la capacità di crescita, corrode giorno dopo giorno la credibilità dell’autorità dello stato che platealmente consente, e a volte incentiva l’evasione. Questa ambiguità che negli ultimi decenni si è ancor di più accentuata, attraverso il ricorso di numerosi condoni, ha fatto percepire ai contribuenti che esistono due tipi di italiani nei confronti del fisco: gli sfortunati, che possedendo come unica fonte di reddito lo stipendio fiso o la pensione non hanno nessuna scappatoia per evadere un solo euro (per fortuna per il sistema Italia, visto che con il loro gettito, rappresentato dall’85% dell’IRPEF complessiva mantengono l’Italia) e tutti gli altri che attraverso una miriade di stratagemmi, oltre a detrarsi anche le cene a carattere familiare, ponendo in essere evasioni di vario tipo, coltivano la speranza che prima o poi arriva il solito immancabile condono a sanare la loro inadempienza. Non si sta dicendo nulla di nuovo, è da decenni che lo stato italiano e i suoi relativi governi ci hanno abituati su questo andazzo di alto profilo etico. L’evasore non è più visto come il delinquente da evitare e da additare quale mascalzone, assolutamente, lui appartiene alla categoria dei furbi, di coloro che sono stati capaci di aggirare il fisco e di conseguenza raggirare anche quei poveri italiani che le tasse le hanno pagate sino all’ultimo centesimo. Come può un cittadino di fronte a tanta iniquità etica e sociale avere fiducia in questo apparato pubblico? Le conseguenze di uno stato debole, incapace e soprattutto iniquo sono nefaste. Gli investitori, quelli onesti che credono nella vera iniziativa indipendente e non invece frutto di appoggi politici del terzo tipo, hanno paura di inserirsi in un mercato narcotizzato da norme e controlli posti in essere dagli stessi controllati. Norme che spesso contengono o quanto meno lasciano lo spazio ad interpretazioni che alla fine il reato sottostante viene ridimensionato ad una semplice ammenda se non addirittura non esistente. Non parliamo poi laddove in casi veramente molto rari si arrivi a sentenza. Eclatante e demoralizzante constatare che chi ha evaso milioni di euro, venga poi condannato ai prestare quattro ore del suo tempo a settimana ai servizi sociali. E’ chiaro che, aldilà del soggetto interessato di cui non m’importa nulla, il messaggio che è partito non è stato certo di un forte disincentivo ad evadere. Per certi versi asserire che le politiche fiscali dei nostri ultimi governi siano da definirsi ipocriti, non mi pare sia cosa sconcia o gratuita offesa. Da una parte si levano scudi e lance contro l’evasione e poi dall’altra si continua ad operare con le rottamazioni delle cartelle esattoriali e con il rientro dei capitali dall’estero, il tutto in dispregio dei cittadini che hanno regolarmente adempiuto al loro dovere.

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