La riforma delle pensioni adesso, subito, prima che salti tutto!

Un fatto è ormai drammaticamente certo: gli attuali trentenni dovranno lavorare fino a 75 anni per incassare assegni pensionistici sensibilmente inferiori a quelli dei loro genitori. In buona sostanza con uno stipendio di 1.200 euro al mese la futura pensione sarà all’incirca come quella sociale, ovvero di appena 800 euro! Ora, mentre su stipendi medio-alti l’effetto del contributivo viene contenuto, invece, su quelli medio-bassi è devastante.
E senza stare a scomodare ulteriormente chi è stato l’artefice di una tale disastro sociale e che ha il cattivo gusto di dire “i trentenni pensino al lavoro, non alla pensione”, l’idea che una nuova, ennesima riforma previdenziale si renderà presto necessaria è ormai irrinunciabile. In primis, occorre separare la previdenza dall’assistenza: pensioni sociali e d’invalidità devono essere demandate alla fiscalità generale e non pagate con i contributi dei lavoratori. In secondo luogo, occorre rivedere l’età pensionabile per consentire il ricambio generazionale nel mondo del lavoro e porre rimedio alla disoccupazione giovanile: si deve essere collocati a riposo, a prescindere dall’età anagrafica, con 40 anni di contributi. Da ultimo, ma non per questo meno importante, rivedere al rialzo i coefficienti di trasformazione applicati ai contributi versati per garantire una pensione che sia il più vicino possibile all’importo dell’ultimo stipendio percepito, ripartire in egual misura il monte contributivo tra i pensionati di ieri, di oggi e di domani, rivedendo i trattamenti pensionistici fondati sul sistema “retributivo secco”, soprattutto se sproporzionati rispetto ai contributi realmente versati. Le chiacchiere, soprattutto di certi professoroni che, dall’alto di sommi privilegi e dal basso di imperdonabili disastri, non conoscono la dignità del silenzio, stanno a zero. Altrimenti meglio incrociare le braccia ed attendere gli aiuti di Stato: reddito di cittadinanza e pensione sociale!

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