Il Partito della Nazione.

di Gerardo Lisco. Penso che per analizzare correttamente il risultato elettorale delle elezioni amministrative si debba partire dall’articolo di Reichlin apparso su l’Unità del 29 maggio 2014 con il quale commentava il risultato elettorale delle europee. Il titolo dell’articolo è già di per se significativo “Con Renzi ha vinto il partito della nazione”. Di seguito riporto un passo che mi sembra particolarmente significativo per l’economia del ragionamento:
“E qui io ho misurato il grande merito di Matteo Renzi. Non è vero che faceva il gioco di Grillo scendendo sul suo terreno, come qualcuno mi diceva. Egli ha avuto l’intelligenza e la forza di affrontare quella che non era affatto una sfida sui «media» e nel salotto di Vespa. Era il dilemma reale tra speranza o sfascio. Certo, ha contato moltissimo anche la singolare figura di quest’uomo di cui non spetta a me fare l’elogio. Dico però che il suo straordinario successo personale non è separabile dal fatto che Renzi si è presentato come il segretario di quel «partito della nazione» di cui discutemmo a lungo ma senza successo anni fa con Pietro Scoppola al momento della fondazione del Pd.”.  L’idea di Partito della Nazione lanciata, o forse è più corretto dire rilanciata, da Reichlin ha tenuto e tiene banco nel dibattito interno al PD. Renzi non ha fatto altro che appropriarsi dell’idea per ribadire, appunto, che lui non stava facendo altro che portare a compimento un progetto politico di sinistra, addirittura lanciato da uno dei suoi padri nobili. Dopo l’appropriazione da parte di Renzi dell’idea di Partito della nazione, nella sinistra PD, si è aperto il coro dei distinguo riassumibile nell’unico concetto che Renzi stava utilizzando in modo strumentale e fuorviante l’idea originaria. Lo stesso Reichlin si è sentito in dovere di rispondere a Renzi precisando che per Partito della Nazione non intendeva che lo vota tutta la nazione, destra, centro, sinistra, lavoratori, disoccupati, finanzieri, ecc. cioè un partito indistinto. Per partito della nazione intendeva il partito che è della nazione perché si fa carico dei problemi della nazione e la traina fuori dallo sfacelo con un progetto credibile e coerente. Ho sempre pensato che l’idea di Partito della Nazione fosse una cosa campata in aria e i fatti rafforzano questo mio pensiero. Il progetto di Partito della Nazione mi è sembrato, da subito, la solita costruzione intellettualistica di una certa intellighenzia di sinistra. Ogni partito politico si presenta proponendo una piattaforma politica e programmatica che mira a risolvere i problemi della nazione che vorrebbe governare. Renzi si è esattamente apprestato a fare questo, governare la Nazione all’insegna di un suo programma. Lo ha fatto alle elezioni Europee, lo ha fatto alle ultime elezioni regionali specificatamente in Liguria e Veneto. Che l’idea di Reichlin fosse un artifizio intellettuale slegato dalla realtà non è stato solo confermato dalle recenti elezioni regionali. Se il dato elettorale delle Europee fosse stato analizzato con meno enfasi trionfalistica già allora si sarebbe capito che il Partito della Nazione poggiava sul nulla. Se l’area di Sinistra presente nel PD fosse stata più lucida nell’analisi del dato elettorale forse avrebbe tenuto un comportamento meno succube nei confronti di Renzi. Da un’attenta analisi dei flussi elettorali delle elezioni europee si evince che più di un quarto degli elettori che avevano votato il PD guidato da Bersani alle elezioni politiche o si era astenuto oppure aveva deciso di votare per altre formazioni politiche (Lista Tsipras e soprattutto M5S). Il successo di Renzi era da attribuire al travaso di voti da Scelta Civica e addirittura F.I. verso il PD. Analizzando più attentamente il dato delle europee risulta che quel 40,8% equivaleva a un numero di elettori inferiore, in termini assoluti, al PD guidato da Veltroni e che per mantenere quella percentuale di consenso in elezioni con una percentuale di votanti pari a quella delle ultime elezioni politiche, ossia del 75 % rispetto al 57% delle europee, non erano sufficienti 11.000.000 di voti. E’ chiaro che comparare elezioni differenti è sempre un esercizio ardito. In ogni modo ciò che mi sembra evidente è che, al di là delle precisazioni fatte da Reichlin, Matteo Renzi ha fatto sua l’idea di Partito della Nazione interpretandolo esattamente nell’accezione proposta da Reichlin e cioè di partito che è della nazione perché si fa carico dei problemi della Nazione. Appare del tutto evidente che le soluzioni alla crisi della Nazione non sono e non possono essere tutte uguali tra di loro. Non è sufficiente chiamarsi Partito della Nazione, perché le soluzioni possano essere universalmente condivise in un sistema politico Democratico e in un sistema sociale plurale e complesso. La competizione elettorale in Democrazia è scelta tra soluzioni alternative. Renzi, dopo il risultato delle Elezioni Europee, ha assecondato quanto gli è stato dettato dalla Tecnocrazia Ue, dagli interessi di una parte del mondo imprenditoriale italiano e di un elettorato trasformista. Le elezioni regionali, con il risultato del Veneto e della Liguria, sanciscono la fine del Partito della Nazione sia nell’accezione di Renzi che in quella, solo apparentemente diversa, di Reichlin e in più mettono a nudo i limiti di una classe politica di sinistra troppo subordinata psicologicamente a padri come Reichlin e Napolitano. In conclusione l’elettorato di Sinistra, come dimostra anche l’alta percentuale di astensionismo, chiede politiche di Sinistra e le politiche del Governo Renzi non sono di Sinistra. Dal suo vocabolario sono scomparse parole quali: giustizia sociale, uguaglianza, coesione sociale, partecipazione democratica, centralità del lavoro, sostituite da capitalismo rampante, mercato, liberismo, diseguaglianza sociale.

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