Il familismo amorale di un governo di provincia.

di Gerardo Lisco. Secondo Banfield, sociologo americano che teorizzo il “familismo amorale”, ciascun individuo agisce per “massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo”. La conseguenza logiche di una tale impostazione sono che nessun cittadino perseguirà l’interesse comune, salvo quando ne trarrà un vantaggio proprio e che tutti coloro i quali, a diverso titolo, rivestono una funzione pubblica utilizzano i beni pubblici a fini privati. Comportamenti di questo genere, come è evidente, hanno effetti deleteri sia sul sistema politico, determinando una involuzione
o un mancato sviluppo delle istituzioni democratiche, sia su quello economico con l’irrigidimento del mercato in funzione oligopolista e corporativa. Come dice il titolo dello studio, il “familismo amorale” è la base antropologica sulla quale si regge una società arretrata. La ricerca in questione è stata condotta nel 1958 in un paesino della provincia interna della Basilicata, realtà sociale ed economica che, secondo gli standard che vanno per la maggiore, dovrebbe risultare lontana anni luce da Laterina, il paese della Ministra Maria Elena Boschi, e dalla Provincia di Arezzo. Se applichiamo l’analisi di Banfield all’affaire Banca d’Etruria si evince, invece, che siamo in presenza di un caso tipico di società arretrata caratterizzata da “familismo amorale”. La conseguenza logica di questo approccio è che il tentativo mediatico di far passare Renzi e il suo entourage come la classe politica in grado di modernizzare, attraverso la “rottamazione”, il sistema sociale, politico ed economico italiano inizia a presentare le prime crepe. Questa classe politica ha in se limiti antropologici insuperabili che la rendono quanto di più vecchio e di più arretrato vi sia oggi in Italia. Il discorso odierno della Ministra Boschi ne è una prova inconfutabile e le caratteristiche che definiscono il sistema di potere sul quale si regge il duopolio Renzi/Boschi avvalorano la mia tesi: tutti i più stretti collaboratori non vanno oltre la provincia di Arezzo. Il sistema di alleanze che stanno creando sui territori predilige i ceti sociali dominanti e la conservazione più che la “rottamazione”. Alleanze costruite sulla comune base antropologica e culturale rappresentata dal familismo amorale e dal trasformismo politico. La stessa incapacità del Governo nello sfruttare la congiuntura economica favorevole (svalutazione dell’euro, Quantitive easing, crollo del prezzo del petrolio, stabilità del governo) per guidare l’Italia fuori dalla crisi è riconducibile al dato antropologico descritto da Banfield a proposito dell’arretratezza del sistema sociale. Essendo questa una classe politica antropologicamente familista e trasformista non è assolutamente in grado di interpretare le istanze modernizzatrici che vengono dalla Società italiana. Siamo in presenza dell’ascesa di una classe politica provinciale, fondamentalmente conservatrice e reazionaria, che tenta di difendere il proprio “particulare” utilizzando la politica per accreditarsi nei salotti buoni del capitalismo nazionale ed europeo. Da qui l’acritica applicazione di politiche economiche neoliberiste. A questo punto, di fronte ai limiti antropologici espressi da questa classe politica, faccio mia la dichiarazione della Ministra Boschi a proposito della Cancellieri: “in ballo c’è la credibilità delle Istituzioni” ed io aggiungo il futuro dell’Italia. Per queste ragioni, indipendentemente dall’esito scontato del voto di fiducia e dall’esito dell’inchiesta aperta dalla magistratura, che ci auguriamo senza sconti per nessuno, la Boschi deve rassegnare le dimissioni.

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