Elezioni tedesche? #statesereninoncambianulla.

di Gerardo Lisco. Le analisi sul voto delle recenti elezioni politiche tedesche si sprecano. Finalmente scopriamo che la Germania non è affatto felix. Gli elettori dei Lander della ex Germania dell’Est fino ai Lander della ex Germania dell’Ovest, con il loro voto, hanno detto che le cose non vanno bene. La domanda è cambierà qualcosa rispetto al disegno che le elite dominanti perseguono instancabilmente ignorando sistematicamente i costi che le singole società nazionali devono sopportare? A partire dal discorso tenuto da Macron alla Sorbona, dalle prime dichiarazioni della Merkel fino a quelle del nostro Presidente del Consiglio Gentiloni,
è chiaro che non cambierà nulla. Per citare una massima a noi tanto cara, simbolo del trasformismo italico, diventato forma e sostanza della politica U.E. “ tutto cambierà perché nulla cambi”. Il fine che si sta perseguendo è la costruzione di una UE a due velocità. La doppia velocità non riguarderà gli Stati che cederanno ulteriormente la propria sovranità a favore delle istituzioni UE. La doppia velocità riguarderà aree specifiche dei singoli Stati che si integreranno sempre di più tra di loro in funzione della costruzione di un blocco mitteleuropeo omogeneo. Ci sono una serie di indizi: in Italia il referendum consultivo lombardo-veneto per chiedere maggiore autonomia dallo Stato centrale; il referendum secessionista/autonomista della Catalogna; il voto politico tedesco che, paradossalmente, rafforza il Governo che la Merkel si appresta a varare, nel senso che imporrà ancora di più il proprio modello economico e sociale al resto dell’Europa. Come la Storia insegna nuove entità geopolitiche non sono mai nate senza l’uso spietato della forza. Ripercorrere criticamente la Storia Europea che va dal 1300 fino al Trattato di Westfalia non sarebbe male; l’unica differenza è che non sta nascendo un nuovo Stato – Nazione ma qualcosa che appare ancora non completamente definito. Sicuramente l’Istituzione che si profila all’orizzonte ha poco di Democratico e non lascia spazi di discrezionalità politica. Il modello è solo uno: quello ordoliberalista funzionale al capitale finanziario e a politiche mercantiliste. Evinco, dunque, da questi indizi che ci sono tutta una serie di interessi territoriali che si preparano a condizionare, da una posizione di forza, i singoli Governi centrali in funzione della costruzione di una UE a due velocità. Il progetto, come è stato per l’introduzione dell’europlus ha dei costi. La domanda è chi dovrà farsi carico dei costi. Se fossimo in presenza di Governi espressione di classi politiche nazionali, i costi verrebbero spalmati equamente sulle società nazionali. Siamo invece di fronte a classi politiche europeiste e sovranazionali. Classi politiche ben disposte a sacrificare pezzi di società e di territori per perseguire l’obiettivo prefissato rappresentato dall’UE a due velocità. L’indebolimento della Merkel è relativo; significa solo che si muoverà perseguendo con maggior forza l’interesse nazionale nelle trattative per definire i nuovi accordi che regoleranno l’U.E. La Francia sta avendo difficoltà circa l’introduzione di modifiche al diritto del lavoro ispirandosi al modello tedesco. I problemi riguardano anche Spagna e Italia. In ogni caso i costi verranno scaricati su pezzi di società e sui territori marginali, di confine rispetto al centro dell’Europa. La politica asseconderà gli interessi del mercato e del capitale finanziario. Siamo in presenza di una ristrutturazione di sistema impressionante che modificherà ancora di più e in via definitiva i connotati dell’Europa. Siamo in presenza di un nuovo Stato – Nazione? Difficile a dirsi. Sicuramente siamo in presenza di un processo che porterà inclusione ed esclusione di pezzi di società e di territori. Sicuramente non avrà nulla di Democratico. Continuerà ad essere controllato dalla tecnocrazia. Le classe politiche in rappresentanza dei ceti e dei territori egemoni sottoscriveranno trattati da attuare nei singoli Stati. I Governi si limiteranno sempre di più ad assecondare le esigenze del mercato e del capitale. Continueranno con politiche dell’offerta: incentivi e defiscalizzazioni, flessibilizzazioni del mercato del lavoro e tagli alla spesa pubblica per il sociale. Nessuna pianificazione, nessuna politica di coesione sociale. La coesione territoriale e sociale la determinerà il mercato secondo le proprie esigenze: prima tra tutte il profitto. I processi che ho provato a descrivere avranno dei costi sociali. Di fronte al disagio sociale e a movimenti di protesta,all’avanzata di forze contrarie a questo progetto, i Governi useranno tutti gli strumenti leciti e illeciti disponibili. Attraverso il controllo della comunicazione condizioneranno l’opinione pubblica spaventandola: terrorismo, immigrazione, movimenti politici additati come estremisti, antidemocratici, ecc. . Stigmatizzeranno come “sfigati” tutti coloro che non vorranno o sapranno adattarsi al nuovo sistema. Masse di persone verranno espulse dalle aree di confine e marginali per fornire manodopera a buon mercato al blocco continentale. Saranno gli stessi governi a creare condizioni che richiederanno un controllo sempre più forte e capillare sull’opinione pubblica. Il tutto verrà giustificato in nome della difesa della Democrazia, delle Libertà e del mantenimento dell’ordine pubblico. Rispetto a questo scenario, già in corso di definizione, ci sono gli spazi per un’alternativa Democratica e Sociale? Penso di si. Alla sola condizione che si ricostruisca un blocco sociale capace di sostenere un Governo che al tavolo per la ridefinizione dei nuovi Trattati UE rappresenti l’Italia e non solo una parte di essa.

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