E quando la lavanderia non c’era…

Quando il nostro bidone della biancheria sporca è straripante, oggi come oggi, non c’è nulla di più agevole che raccoglierla tutta, salire in auto, e recarsi al negozio di lavasecco più comodo e vicino: dopo pochi giorni, non più di due o tre, potremo ritornare a ritirarla e ce la vedremo riconsegnare perfettamente lavata e stirata.

E non basta: man mano che ne vengono aperte sempre di più, possiamo ancor più agevolmente andare in una lavanderia self-service, e usare macchine professionali ad alto rendimento per lavare i nostri panni con una spesa del tutto irrisoria. Ma lavare il bucato, nel corso della storia, non è sempre stato veloce e semplice – e comodo – come lo è per noi oggi.

È molto probabile che la prima “lavanderia”, se così vogliamo chiamarla, sia stata nient’altro che… un normalissimo corso d’acqua! Ancor oggi, specialmente nelle campagne, è abituale lavare I panni così. Per togliere lo sporco dal tessuto infatti occorre un’azione meccanica intensa, così da eliminare ogni particella che lo macchi o che gli conferisca un odore sgradevole, e la corrente di un fiume ne offre una gratuita e intensa.

Per contribuire alla pulizia, i panni venivano ritorti più volte, sfregati fra loro, o perfino battuti con violenza contro le rocce o apposite tavole di legno, talvolta a mano e talvolta con l’ausilio di appositi randelli o mazze di legno.

Non sempre, naturalmente, ci potevano essere a disposizione comodi corsi d’acqua da utilizzare per il lavaggio dei panni: e in questi casi, si ricorreva a grosse tinozze metalliche riscaldate sul fuoco, dove il calore dell’acqua si dimostrava efficace nel rimuovere lo sporco quanto e più della corrente naturale. In seguito, strizzati per asciugarli, I panni venivano stesi ad asciugare completamente, esattamente come oggi, su fili o pali, o addirittura a terra. Non esistevano molte sostanze detersive, chiaramente: spiccava la lisciva, ottenuta per soluzione di cenere di legno in acqua calda. A Roma antica, inoltre, per pulire si usava già l’ammoniaca, nella forma in cui è più facile trovarla in natura – l’urina.

Come accadde in tanti altri ambiti, fu con la rivoluzione industriale che le cose cambiarono, e del tutto. In realtà, nacque prima una sorta di asciugatrice, o perlomeno di strizzatrice: due rulli sovrapposti, azionati dapprima con una manovella, attraverso cui far pasare i tessuti fradici. Lo schiacciamento eliminava, molto più in fretta della torsione, buona parte del liquido di cui erano intrisi.

Tali meccanismi vennero motorizzati nel 1900; ma intanto, sul finire del 1800, nacque una grande varietà di macchinari per il lavaggio dei panni, in realtà simili per concetto alle lavatrici moderne: un congegno rotante (mosso a mano agli inizi, e poi con un motorino elettrico) che agitava i panni all’interno di una vasca piena d’acqua. L’introduzione di un tamburo rotante e forato permise la prima centrifuga, e un meccanismo simile, ma con aria calda soffiata sui panni lavati anzichè acqua, andò a diventare l’antenato di quelle che oggi conosciamo come asciugatrici.

Ovviamente, ben presto tali macchine trovarono utilizzo in strutture apposite, che potessero pulire a pagamento i panni di grandi quantità di persone che non disponevano a casa di tali attrezzature: erano nate le prime lavanderie professionali, comparabili per compito a quelle a cui facevamo riferimento all’inizio di questa piccola storia.

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