Casal di Principe non è un luogo del male!

di Angelo D’Amore. Nella tarda mattinata, ho ricevuto la telefonata di un’insegnante, mia conoscente. Mi annunciava che il suo istituto, la scuola media statale Sandro Pertini di Scampia a Napoli, avrebbe avuto l’intenzione di organizzare un banchetto di fine anno presso il mio agriturismo, per il giorno 28 giugno p.v. Al telefono sono stato estremamente gentile con la preside, alla quale ho prospettato per circa un quarto d’ora, il menu che avrei potuto preparare per l’occasione. Altri ragguagli li ho elencati alla vice-preside, una persona che a pelle, mi è sembrata un pochino più fredda e distaccata. Ho concluso poi la conversazione telefonica con la mia conoscente, congedandomi da lei, con l’impegno di risentirci dopo qualche ora per gli ultimi dettagli. Ho immediatamente allertato il cuoco ed i miei collaboratori che solitamente non lavorano con me durante la settimana. Ero molto felice di ricevere questo gruppo, non solo per la sua consistenza (circa 100 persone) ma perché si sarebbe trattato di nuovi clienti ai quali, avrei potuto far conoscere la mia azienda e la bontà della mia cucina. Dopo qualche ora ricevo la telefonata tanto attesa. La voce della persona dall’altra parte era quasi roca dall’imbarazzo. Con parole di circostanza, mi diceva che gran parte dei docenti non gradivano venire a Casal di Principe per trascorrere la gita di fine anno scolastico. Mi ha raccontato che nell’istituto si erano create addirittura, due opposte “fazioni” tra favorevoli e contrari alla destinazione in oggetto. Nonostante ci abbia fatto l’abitudine, ogni qualvolta mi viene motivata tale contestazione, ci soffro molto, sento un dolore interiore, una ferita nell’anima che non riesce a rimarginarsi. In molti pensano che Casal di Principe, sia soltanto l’univoca rappresentazione di quella cittadina descritta da Roberto Saviano, un luogo del male da cui fuggire, una terra maledetta da Dio e infangata dagli uomini, in cui non ci può essere la possibilità di una vita normale ma solo un “inferno terrestre” da cui tenersi lontano. Se tale scetticismo fosse maturato in docenti valdostani o delle dolomiti del Brenta forse, con un po’ di costruita sopportazione, me ne sarei data una ragione. Ma poichè tale “inquietudine” proviene da insegnanti che ogni giorno si recano a Scampia, il più grande mercato della droga a cielo aperto d’Italia (ma quali sarebbero poi le zone tranquille di Napoli?) ho la riprova tangibile che il danno perpetuato su Casale, divenuta nell’immaginario collettivo l’epicentro di Gomorra, è davvero insanabile e dalle proporzioni indicibili, una sorta di mediatica ghettizzazione sociologica.

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