Berlusconi non c’è più. Che ne sarà del berlusconismo?

di Rodolfo Buccico. Silvio Berlusconi è morto. La malattia incurabile se lo è portato via. Con lui se ne va un pezzo rilevante della vita politica italiana. Un uomo la cui influenza sui costumi e sulle opinioni degli italiani è stata significativa. Un imprenditore di successo, un uomo che ha dato il meglio di sè nel costruire un impero mediatico che ha pochi pari nel mondo.

Ha tessuto la trama dei moderati di centrodestra in maniera sapiente con le armi della comunicazione televisiva, è riuscito nell’impresa non facile di sdoganare la destra italiana ed oggi se la Meloni governa il paese lo deve in parte al Cavaliere.

Ha determinato con la sua politica fatta di immagini e slogan le scelte della parte liberale e conservatrice con una capacità aggregante che ha dello sbalorditivo, a buon ragione si può considerare il berlusconismo, al pari dell’età giolittiana, come un periodo rilevante della nostra storia ed anche come una modalità di fare politica che con alti e bassi rappresenta un unicum, fortemente incentrato sulla figura di un solo uomo, che, in quanto a carisma, ha sovrastato gli avversari ed i suoi alleati in maniera netta.

Nel calcio poi ha tessuto il suo capolavoro, un meccanismo vincente che ha fatto del Milan una squadra incontrastata a livello mondiale per molti anni, una squadra che rendeva simpatico più di quanto non lo fosse già il suo presidente.

Con lui vanno via anche i processi giudiziari che lo riguardavano, con i dubbi che resteranno irrisolti sulle sue connivenze con la malavita organizzata così come apparirà sempre in negativo il suo modo di arruolare figure che definire mediocri sul piano politico e umano è a dir poco gentile.

Negli ultimi anni, non essendo più in corsa per la presidenza del consiglio, di cui detiene il record in termini di durata complessiva nella storia della repubblica, il suo agire è mutato in direzione di una figura a cui molti dovevano qualcosa, ma di cui molti avrebbero voluto disfarsi con eleganza.

Berlusconi rappresenta per due generazioni il riferimento come discrimine politico, di etica pubblica e di comportamenti privati, una scelta quasi obbligata a favore o contro, che non riguardava solo coloro che si occupavano di attività politica, ma anche coloro che a vario titolo partecipavano alla vita del paese, nelle istituzioni, con la loro professionalità ed il loro impegno lavorativo.

Ora non resta che attendere il giusto distacco dagli avvenimenti che lo riguardano al fine di iniziare a produrre quella saggistica storica e politica, che analizzi con freddezza ed equilibrio ciò che è stato Silvio Berlusconi.

Resta il dubbio se un futuro partitico potrà esserci per coloro che hanno militato nel partito più personalistico della nostra democrazia, di sicuro ne resterà la sua eredità concettuale, anche se è difficile immaginare qualcuno che nel campo dei moderati di centrodestra possa prenderne il testimone.

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2 Responses

  1. Max ha detto:

    Morto Berlusconi non se ne fa un altro. Per Forza Italia è la fine! Perché l’altro grande limite di Berlusconi è stata l’incapacità di coltivare una propria eredità politica. Ci provò con Fini e poi con Alfano. Ora formalmente nomineranno Tajani, ma l’esperienza ‘forzista’ a livello politico è finita.

  2. marx ha detto:

    Perché i sinistri attaccano Berlusconi anche da morto?
    Perché, anche da morto, è infinitamente più vivo di una sinistra che ha rinnegato se stessa!

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